giovedì 26 febbraio 2015

Il Mediterraneo lasciato a poppa

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Inauguro questa nuova avventura con il libro Il Mediterraneo lasciato a poppa di Rodolfo Ridolfi. Mi sembra giusto: mentre ascolto il suo racconto, infatti, nasce l'idea di questa rubrica.

Invitata dalla Lega Navale di Arona a partecipare agli "Incontri con gli Autori", quel sabato di fine gennaio ero curiosa. L'autore racconta il suo viaggio in barca a vela attorno al mondo: da est a ovest attraverso gli stretti che separano (e uniscono) un mare dopo l'altro, un oceano dopo l'altro. Partito dal Mediterraneo nel 2003 carico di aspettative, circumnaviga la Terra rimanendo tra i due Tropici, dove i venti soffiano costanti verso occidente ed esistono solo due stagioni calde.  In estate infuriano gli uragani e il viaggio si ferma per qualche mese, per poi ricominciare a navigare. Tornato nel Mediteraneo nel 2007 ricco di ricordi, esperienze, nuove prospettive e saggezza: perché viaggiare è il modo migliore per conoscere il mondo e se stessi.

Una frase accende qualcosa dentro di me e mi mette in sintonia con lui; dice più o meno così: "Ho intrapreso il giro del mondo in barca a vela solo per realizzare il sogno di una vita. Poi una volta tornato in Mediterraneo sentivo la mancanza di qualcosa: scrivere. Scrivere era una cosa integrata al viaggio, scrivevo il diario di bordo ogni giorno - note tecniche, ma anche considerazioni sulla mia vita e la mia esperienza. Tornato a casa ho scritto il libro: cinque ore al giorno per cinque mesi consecutivi. Poi l'ho consegnato all'editore e ho chiuso un cerchio."
Credo sia la conoscenza (la scoperta) che preme per essere diffusa attraverso le emozioni.

Dopo la sua presentazione, mi faccio avanti per scambiare due chiacchiere. La sera, sotto le coperte, apro il suo libro e inizio a leggere. Lui racconta, io leggo, le immagini mi riempiono la mente, le emozioni mi riempiono l'anima. La mattina prima di iniziare una nuova giornata e la sera al suo termine, rimango attaccata alle pagine con un groppo in gola. Le emozioni che provo sono fortissime, trasmesse dalle sue parole intense.

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Rodolfo Ridolfi, Il Mediterraneo lasciato a poppa, il Frangente edizioni, 2011
rodolforidolfi.it

Il viaggio non è solo la realizzazione di un sogno, la necessità di sentirsi a proprio agio nella propria vita. È anche la ricerca di risposte a una domanda - la Domanda - che prima o poi tutti ci facciamo: perché si vive?
La risposta sembra semplice: si vive perché i nostri genitori ci hanno dato la vita. Ma in realtà è più profonda, non si cerca la causa, ma il fine: per che cosa si vive?  Forse si vive per preservare e rispettare le cose più preziose della propria vita.
L'autore trova risposte in un momento particolare della sua vita ("la rinascita"): le cose più preziose della vita sono la salute, perché oltretutto, se non si sta bene con se stessi non si sta bene con gli altri  e il tempo, perché non sappiamo quanto ne abbiamo a disposizione, non è quantificabile, non possiamo aumentarlo a discrezione. Ed è irripetibile.
Al termine del suo viaggio, trova una terza risposta: la speranza.
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Finisco questo libro e lo lascio sul comodino: mi mancherà. Mi ha insegnato tanto: dentro di me ho nuovi tasselli per comporre il mio rompicapo.

Buon vento

giovedì 19 febbraio 2015

Racconti di viaggio: la rubrica per chi cerca "qualcosa di più"

Le idee a volte spuntano per caso, crescono in silenzio e poi si fanno impetuose.
Così nasce la rubrica Racconti di viaggio: dal bisogno di capire cosa sia quello struggimento, quel pungolo costante e mai sopito, quella determinazione a lasciare tutto per cercare qualcosa di più.

 

Cosa spinge certe persone a non essere soddisfatte di quel che hanno? A desiderare d'essere altrove? A isolarsi dal mondo per concentrarsi su se stessi? Non è egoismo o cecità, ma qualcosa di più grande, di più forte.
In alcuni di noi c'è una spinta potente e prepotente a cercare qualcosa oltre. Nuovi orizzonti, nuovi sguardi, nuovi odori, sapori, colori. Nuove storie da vivere intensamente e poi raccontare.

Credo di essere tra quelle persone. Amo la mia piccola vita fatta di cose minute, ma nella mia anima c'è come un radar: capta da lontano il richiamo di nuove avventure, di qualcosa di grande e immenso da scoprire - la natura, la vita, la conoscenza, la saggezza... il senso ultimo delle cose.
E mi chiedo: che cos'è quel qualcosa di più? Esiste l'oltre? Soprattutto, questa necessità, una volta soddisfatta, si placherà?

Quindi ho deciso: per ora cerco risposte alle mie domande nei racconti di viaggio e mi affido alle emozioni di chi, prima di me, ha seguito il suo istinto. Ma un domani... chissà?


Buon vento!


mercoledì 18 febbraio 2015

Passeggiando per Torino m'imbatto in una Fetta di Polenta

Questa domenica nevicava e siamo rimasti a casa: un sonnellino in più e qualche lavoro da portare avanti. Sarei uscita volentieri per pattinare sul Lagone ghiacciato e lasciare le mie impronte sui sentieri innevati attorno, ma un po' di riposo non guasta. Oltretutto la mia passeggiata l'avevo già fatta: venerdì ero a Torino.

Torino è una città che non conosco. Sono una "piemontese per caso" e le mie origini mi portano a Milano. In questa punta estrema, poi, siamo talmente lontani dal resto del Piemonte da sentirci più affini ai lombardi: raggiungere Torino con i mezzi di trasporto pubblici è un'avventura rocambolesca.
La storia stessa ci ha resi milanesi prima che piemontesi.

In ogni caso, eccomi di nuovo a zonzo per Torino.
Il bello di Torino è che scendi dal treno e sei già in centro: e dal centro raggiungi i quartieri interessanti con una passeggiata corroborante. Quasi sempre col naso all'insù.
Nella mia testa ho disegnato una mappa della città: non credo corrisponda alla realtà, ma con queste coordinate riesco a orientarmi e ogni volta aggiungo una strada in più.
A grandi linee ecco la mia mappa mentale di Torino:

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Venerdì sono stata nel Quadrilatero Romano e nel Quartiere Vanchiglia. Due realtà diverse: se il primo mi affascina per il profumo persistente di storia antica, l'altro mi riserva sorprese inaspettate - come la Fetta di Polenta.
In realtà si chiama Casa Scaccabarozzi, dal nome della moglie dell'architetto Antonelli, che l'ha progettata nell'Ottocento. Sì, quell'Antonelli che dà il suo nome alla Mole e alla cupola di San Gaudenzio a Novara.
È un palazzo portentoso: a base triangolare, è alto e lungo 27 m con una facciata di 5 m e il retro di soli 70 cm! Si dice che Antonelli l'abbia progettato e vi abbia abitato in seguito a una scommessa...

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Mi sono fermata, l'ho fotografato (nonostante la luce fioca), ho letto la targa e ho immaginato: ci sarà il bagno in quei 70 cm? Oppure un ripostiglio? La scala no di sicuro e nemmeno il salotto...

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Mi appunto mentalmente di informarmi, per saperne di più. Torino è una città tutta da scoprire: con calma, scarpe comode (ma eleganti) e tanta curiosità.

giovedì 12 febbraio 2015

Gennaio e febbraio tra animali e previsioni del tempo

Uno dei quattro venti della girandola rosa è l'antropologia. In fondo ogni archeologo è anche un po' antropologo: dà un significato ai simboli e ai rituali del passato, seguendo la scia di tradizioni ancora vive ai giorni nostri.
Eppure quante cose mi erano sfuggite! Finché ho incontrato un antropologo piemontese e ho scoperto un altro mondo, più contemporaneo, in cui animali, santi e allegorie si rincorrono lungo le pagine del calendario.

Merli, orsi, marmotte

Tra gennaio e febbraio si sentono risuonare gli echi di vecchi proverbi e qualche ritornello di canzoni popolari. C'è un mondo, là dentro, che sa più cose di quanto non dica: per esempio prevedere i fenomeni celesti dei mesi che verranno. Questa sapienza contadina si chiama meteorognostica, una parola scioglilingua che significa "conoscenza delle cose celesti": s'è formata nei secoli con l'osservazione del cielo e della natura da parte di quelle genti la cui vita dipende dalla natura e dalle condizioni climatiche.
E così, gli ultimi tre giorni di gennaio, i più freddi dell'anno, sono ricordati come i giorni della merla: pare che una merla bianca, nascosta in un comignolo per proteggersi dal gelido gennaio, ne sia uscita con le piume sporche di fuliggine e sia rimasta nera per sempre. Intanto i sapienti assaggiano l'aria: se è gelida, la primavera sarà dolce; altrimenti, la primavera sarà fredda.
Il due febbraio, invece, è la notte dell'orso e il giorno della marmotta. In momenti diversi della giornata, si risvegliano dal letargo, escono dal rifugio invernale e osservano il cielo: se la marmotta vede la sua ombra (e quindi splende il sole) e se l'orso vede la luna piena, entrambi tornano nella loro tana. La primavera tarderà ad arrivare: l'inverno sarà più lungo e l'annata agricola difficile.

Non conosco merle, o marmotte, né orsi, quindi cerco di ricordare com'erano quei giorni... Durante i giorni della merla nevicava, ma il primo di febbraio splendeva un sole fantastico e faceva caldo. Il giorno della marmotta era leggermente coperto, ma nella notte dell'orso c'era luna quasi piena. Aiuto, cosa significa?

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Però ho incontrato una nutria...

Ora sono curiosa: conosci qualche detto popolare o proverbio contadino per prevedere come sarà la primavera in arrivo?

giovedì 5 febbraio 2015

Quattro passi sul lungolago di Orta San Giulio

Oggi inauguro una nuova serie di schede dedicate alla passeggiata della domenica. Si chiama Quattro passi e la prima scheda riprende la passeggiata sul lungolago di Orta San Giulio di qualche settimana fa.

Puoi trovare:
  • informazioni sul percorso: il punto di partenza e d'arrivo, la lunghezza in chilometri, la durata in ore e la difficoltà (non saranno mai difficili, se li proviamo noi!)
  • altre informazioni: dove andare (città o paese, provincia e regione d'Italia), quando andare (in quali stagioni), come andare (con quale mezzo) e perché andare
  • la mappa del percorso: sono riportati i numeri corrispondenti alle strade da percorrere o alle tappe lungo la via
  • la legenda: sono indicati i nomi delle strade e alcune notizie utili

Ebbene sì, ho un debole per le schede! Mi piace riunire in una sola pagina tutte le notizie necessarie per godersi un bel giro a piedi o in moto nel tempo libero, e mi piace condividerle con te: puoi scaricarle in attesa dell'occasione giusta; o stampare, piegare più volte e infilarle nella tasca dei jeans, oppure inserirle in un quaderno ad anelli e creare una piccola guida.
In ogni caso, spero ti facciano piacere e d'incontrarti presto su queste strade.

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Buon vento!

mercoledì 4 febbraio 2015

Emozioni in viaggio

C'era una volta un'idea.

Era un piccolo bocciolo pulsante di vita, nascosto tra altri sogni e desideri. Alimentato dalla mia passione s'era fatto sempre più grande e prepotente: voleva crescere! Voleva vedere la luce! Voleva spandere i suoi petali all'aria e ai quattro venti!
Così l'ho colto dal suo nascondiglio, l'ho posto in un vaso sul davanzale. Ma era troppo presto: debole, a stento riusciva a seguire il corso del sole in cielo - nonostante le mie cure amorevoli.
Perciò l'ho portato nel calore di casa, l'ho accudito e l'ho immaginato crescere. Gli ho raccontato come sarebbe diventato e lui è diventato quel racconto: un giorno d'inverno ha aperto i suoi quattro petali rosa, ha sparso il suo profumo tutto intorno e mi ha detto "ci sono".
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Ricomincio da qui. 


Da una nuova grafica fatta su misura per lui dalla sapiente Isabodesign, capace di dare alle idee una forma colorata e gioiosa.
Lui è un fiore rosa dai quattro petali: come una girandola, si abbandona ai racconti dei venti e diffonde emozioni.
Quel piccolo cuore, là in alto, racchiude le mie passioni: l'archeologia, l'antropologia, il turismo e la scrittura.
Sullo sfondo, invece, soffiano discreti i quattro venti. Li vedi? Sono quei motivi a doppia spirale di colori diversi, a me così familiari: quante volte li ho incontrati sulle decorazioni di ceramiche, gioielli, oggetti d'arredo del passato! La loro presenza mi riempie di felicità.
Intanto, seduta a dondolarmi da qualche parte sulla nuvola, mi lascio andare a nuove fantasticherie. Di posto ce n'è tanto, ti aspetto!


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