A febbraio eravamo già sul chi va là. Abbiamo evitato di uscire e stare in mezzo alla gente, ma non ci è pesato: avevamo in programma dei lavori in casa. Ed eravamo all'inizio, ancora non sembrava vero potesse succedere quel che è successo.
Voto (da 1 a 5): 2.
Ad aprile eravamo nel pieno della "tempesta", stanchi e provati dalle mille attenzioni e preoccupazioni. Siamo rimasti a casa, lui indaffarato negli affari suoi, io col pensiero costante al lavoro (tanto per non pensare ad altro).
Voto: 1 (tradotto: bleah).
A giugno l'abbiamo presa con filosofia, cercato posti vicini (ma lontani dai nuovi focolai) ed evitato il più possibile posti affollati – non facile, se si vive in una località turistica piena di villeggianti, escursionisti e turisti.
Nonostante le mascherine, il gel e le salviette igienizzanti, è stato riposante, rigenerante e sereno. La "tempesta" ci ha piegato ma non abbattuto (ci si abitua anche al disagio).
Voto: 4.
A settembre saremmo partiti per Lisbona, ma resteremo a casa. Magari il virus se ne sarà andato, stanco degli insipidi umani, e avremo trovato una nuova spensieratezza.
Voto: 3 (il fantasma del viaggio pesa).
A novembre vorrei essere al mare, sul balcone vista onde, a sorseggiare vino rosato e lasciare gli occhi vagare e riempirmi il corpo di bellezza.
Voto: chissà?
Buon vento