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venerdì 8 marzo 2019

Parco Conelli di Belgirate, il giardino delle favole

  Ci sono tutti: Biancaneve, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Alice, Dorothy, Darth Veder, ET, la bella addormentata nel bosco, gli gnomi, i maghi, le streghe, le fate, gli animali fantastici. Abitano in un piccolo parco a pochi passi dal Lago Maggiore, e accolgono con colori sgargianti, poesia e magia chiunque voglia tornare nel fantastico mondo della fantasia.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli

  Parco Conelli ha più di un secolo e mezzo, si trova su una striscia di terreno proprio di fronte al lago, separata dalla sponda solo dalla strada principale. Se arrivi da Arona, lo trovi subito dopo il confine di Lesa e poco prima della strettoia che immette in Belgirate. Puoi parcheggiare sul lungolago, attraversare le strisce pedonali, varcare il cancello e dimenticarti di tutto: è il giardino delle favole, dove stupirsi, meravigliarsi, sognare e smettere di essere adulti.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli Roberto Bricalli

  Che cosa lo rende speciale, unico e raro, lo si capisce subito appena entrati. Il parco è una porzione di giardino all’italiana dell’antica dimora dei Conelli, in apparenza come molti altri: a più livelli, dal piano d’ingresso sale verso la collina e scende seguendo il corso d’un ruscello, tra gli alberi e i cespugli tipici di questi luoghi. Nella sostanza è un giardino delle favole: il Principe Rospo di Roberto Bricalli ti accoglie dal suo stagno-fontana, mentre un sentiero si snoda tra le piante e i dipinti di Nicola Pankoff.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli giardino delle favole

Se vivi ad Arona, non puoi non conoscere Nicola Pankoff, la sua musica, i suoi quadri e i suoi colori. Sono cresciuta tra le sue opere, le vedevo ogni giorno in casa, da amici, nei negozi, nei bar. Ho un suo quadro in camera e ne vorrei altri mille, perché sono dipinti narranti, che traboccano di storie fantastiche – a volte riconoscibili, a volte inimmaginabili. Entrerei volentieri nei suoi quadri, per viverle in prima persona, conoscere i tantissimi personaggi, fermarmi ad assaggiare il cibo e incamminarmi sui ponti a strapiombo sui fiumi. Ne sento gli odori, i suoni, le consistenze, i sapori. Potrei anche vincere la paura del vuoto e salire su una sua mongolfiera, tanto sono curiosa di vederli  dall’alto.

Ai Quattro Venti Lago Maggiore Belgirate Parco Conelli Nicola Pankoff

  Sono entrata per la prima volta nel giardino delle favole lo scorso settembre. Era pomeriggio, il sole dietro la collina: il posto ideale per godere un po’ di fresco tra la natura, l’arte, la bellezza del lago e un pizzico di magia. Eravamo soli, io e il marito, alla scoperta dei dipinti, a caccia dei particolari, immersi nel piacere della sorpresa e del silenzio. Inutile dire che me ne sono innamorata all’istante.

Ai Quattro Venti Parco Pubblico Villa Conelli

venerdì 12 maggio 2017

Tutto il mondo nei giardini botanici di Villa Taranto

Era una calda domenica di aprile e siamo andati ai giardini botanici di Villa Taranto per perderci nel labirinto di tulipani.

Villa Taranto si trova a Verbania, in un angolo del Lago Maggiore fortunato e baciato dal sole: dalla sponda pian piano sale verso verso la collina del Castagnola, in un tripudio di colori, profumi e suggestive visioni.

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Siamo in tre, due bipedi e un quadrupede: parcheggiamo sul lungolago {}, entriamo e paghiamo l'ingresso. Assieme ai biglietti ci consegnano una mappa, perché il parco è grande, la via principale intersecata da sentieri secondari, le occasioni per perdersi a rimirare innumerevoli.

È la stagione dei tulipani e delle camelie, ancora per pochi giorni e sfioriranno. Nel frattempo si aprono i calici dei rododendri e delle azalee. Per le ortensie, invece, c'è ancora da aspettare.


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Seguiamo la mappa, a ogni numero segnato corrisponde un'area del parco e un numero tridimensionale che segna la via da percorrere. Il viale di conifere; la valletta delle felci; il giardino all'italiana con la fontana dei putti; il labirinto dei tulipani (e tra qualche settimana delle dalie); la serra e i giardini verticali; il mausoleo del Capitano Neil Boyd Mc Eacharn, proprietario e ideatore; il viale degli aceri; il grande castagno secolare (ha quattrocento anni!) da cui spuntano rami di rododendri; il bosco dei rododendri e quello delle magnolie; la valletta attraversata dal ponte; la villa vera e propria, dimora del Capitano dal 1931 e ora sede della prefettura di Verbania; i giardini terrazzati con le cascatelle, i giochi d'acqua e il giovane pescatore che dirige gli schizzi; le vasche dei fior di loto e delle ninfee; il viale delle personalità (un albero piantato per ogni personaggio famoso in visita); il giardino d'inverno; il belvedere e poi brevi tornanti che sospingono verso l'uscita.


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Nomi che suggeriscono visioni, cui corrispondono angoli colorati di fiori; piccoli mondi a parte che iniziano, sbocciano e terminano là dove un altro prende forma.
Sono un'opera d'arte viva e in continua evoluzione, che dal 1935 raccoglie e accoglie piante, amatori e curiosi: i visitatori giungono da lontano e ammirano questo museo di rarità provenienti da ogni angolo della Terra. 
Sono la realizzazione del sogno di un uomo appassionato, il Capitano Neil Boyd Mc Eacharn, scozzese d'origine e viaggiatore per indole, che girò il mondo per portare le piante del mondo a casa sua. 

Per qualche ora ci siamo lasciati accarezzare dalla sua atmosfera onirica, con la sensazione di essere ovunque eppure in un unico posto: qui sul Lago Maggiore.

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{} In ogni caso, all'entrata del parco c'è un piccolo parcheggio per macchine e moto riservato ai visitatori; a ogni mezzo che esce, ne fanno entrare uno.

venerdì 27 gennaio 2017

C'era una volta, sulle sponde del Lagone di Mercurago, un villaggio

Sei pronto per un viaggio a ritroso nel tempo? Non preoccuparti, la strada non sarà lunga: basta raggiungere il Parco naturale dei Lagoni di Mercurago ad Arona nel Novarese, chiudere gli occhi per un secondo, riaprirli e lasciarsi andare all'immaginazione.

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Il Lagone di Mercurago è un luogo magico, dove le nebbie del tempo si dissipano e svelano vite vissute mille e mille anni fa.
Vieni: affrontiamo la salita con calma, seguiamo la curva a destra, sfioriamo i pascoli dei cavalli, svoltiamo a sinistra. Ancora qualche passo e già tra i tronchi degli alberi s'intravede il baluginio del sole sulle onde del Lagone.
E poi eccolo, il piccolo lago, disteso tra i canneti, ammantato di boschi con un grande prato ai suoi piedi: quasi tremila e settecento anni fa, qui sorgeva un villaggio.

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Un villaggio costruito sulle rive melmose, rese sicure da pali conficcati nel terreno e strati di tavole, pietre e ramaglie, con case di legno dai tetti di paglia affacciate sull'acqua.
Dove le giornate iniziano presto, ognuno intento nelle proprie attività. I contadini nei campi, i ceramisti accanto ai forni, i metallurghi chini sui crogioli, i tessitori con la lana sui fusi, i carradori nell'officina, gli scheggiatori tra le pietre, i cacciatori e i pescatori sulle piroghe tra le onde calme.
Finché arriva sera e ci si raccoglie attorno al fuoco per ascoltare le storie dei mercanti. Hanno visto il mare, laggiù, e valicato le alte montagne, lassù, percorso i fiumi su piroghe di legno, incontrato altri mercanti, genti, villaggi.

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Un villaggio sorto in un punto d'incontro tra le vie di traffico lungo i torrenti interni, i grandi fiumi e il Lago Maggiore, vie che portano lontano verso il mare Adriatico, il mar Ligure e le Alpi. Dove il limo {} lasciato dalle piene sulle sponde e il loess {} portato dai venti sulle colline rendono fertile il terreno. Dove l'acqua mitiga i freddi inverni e promette sicurezza e abbondanza.

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Un villaggio abitato per quasi quattrocento anni da una piccola comunità di agricoltori, abili artigiani e mercanti di beni di prestigio. La cui vita s'interrompe per cento anni, quando il clima peggiora e il Lagone si trasforma in palude, e poi riprende ininterrotta. Finché fa di nuovo troppo freddo, le falde acquifere s'abbassano, la palude avanza, si sviluppano nuovi assi commerciali, sorgono nuovi e grandi villaggi sulle sponde del Lago Maggiore e del Ticino...
Tutto cambia: si volta pagina e inizia una nuova storia.

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Li vedi, gli ultimi bagliori dei focolari, mentre le stelle splendono alte nel cielo e nel buio dei boschi gli animali notturni lanciano i loro gridi?



Il sito archeologico del Lagone di Mercurago conserva i resti di un abitato su bonifica {} datati all'età del Bronzo (tra XVIII e XIII secolo a.C.) e scoperti nel 1862 da Bartolomeo Gastaldi.
Assieme ad altri centodieci siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino, rientra nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco dal 2011.


{Il limo è un sedimento, cioè un terriccio molto fine sospeso nelle acque di fiumi e laghi che, dopo le piene, si deposita sui terreni circostanti e forma uno strato di terreno fertile. 
{Il loess è un deposito eolico, cioè uno strato di sabbia e limo di origine glaciale (eroso, trasportato e depositato dai ghiacciai) trasportato e depositato dal vento.
{Un abitato si dice su bonifica quando è costruito sulle sponde fangose di uno specchio d'acqua, rese solide con la costruzione di una struttura di pali conficcati nel terreno e di una pavimentazione di tavole di legno, sassi, ramaglie. 


giovedì 26 novembre 2015

Riflessi d'acqua

I riflessi sull'acqua mi affascinano. Se passeggio accanto a un corso d'acqua, non posso fare a meno di fotografarne la superficie a specchio.
Rami, ciuffi d'erba, nuvole, colori del cielo, onde, ombre: sono tutta un'opera d'arte naturale.
C'è un punto del Lagone* in cui mi fermo a osservare il villaggio che fu.

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L'ultima volta l'ho visto, il villaggio, avvolto dalle nebbie; ne ho scorto i pali, i tetti, le strutture come pennellate di grigio verticali.
In quel punto del Lagone, le onde s'insinuano sulla riva, tra l'erba e la terra marrone. Gli alberi s'inchinano a guardarsi, i cespugli si protendono verso il cielo coi piedi in ammollo, i germani reali ci tracciano strisce scure in movimento.
Se credessi, penserei di essere sulla soglia di un portale temporale. Se allungassi la mano a sfiorare lo specchio d'acqua, potrei trovarmi catapultata sull'altra riva in un altro tempo a guardare negli occhi persone altrettanto stupite.

*Nel parco naturale dei Lagoni di Mercurago.

giovedì 18 giugno 2015

La Rocca Borromea di Arona. Con occhi nuovi

Un paio di mesi fa mi hanno chiesto: ti è mai capitato di sentirti una turista nella tua città? Mi capita ogni volta ed è per questo che scrivo dei miei luoghi del cuore: li riscopro da poco, ma li amo da sempre - ora con un tocco di consapevolezza in più.
Uno dei miei preferiti, di quelli che ogni volta mi lasciano senza fiato e mi riconnettono con tutto ciò che conta nella vita, è la Rocca Borromea di Arona. E ogni volta ne scopro un particolare in più.
 
Ti presento la Rocca Borromea di Arona. Si trova su uno sperone di roccia, domina la parte bassa del lago Maggiore e guarda diritto il castello di Angera sull'altra sponda.
Una volta era una fortezza militare, passata di mano in mano prima dei signori di Milano, poi dei Borromeo (si dice che qui sia nato San Carlo Borromeo), quindi degli spagnoli e, infine, degli austriaci e dei francesi. Ora ne rimangono solo le rovine, perché Napoleone Bonaparte decise di abbattere la fortezza per non farla cadere in mano ai nemici. Usò le sue pietre per costruire la strada del Sempione, per unire Parigi a Milano.
Ricordo di essere stata al Parco della Rocca Borromea da piccola: hai presente? I ricordi dei bambini sembrano vecchie cartoline, coi margini arricciati e i colori alterati: vedo il grande prato coperto di margherite, le oche nello stagno e l'azzurro del cielo, e provo gioia. Ci sono stata anche da ragazzina, ma ero totalmente concentrata sui miei pensieri da dar per scontata la bellezza e la storia racchiuse in quell'unico spazio. Per tanto tempo non ci sono più andata: abitavo in un'altra città, lavoravo, avevo impegni "da grande".
Ci sono tornata due o tre anni fa con mio marito e il nostro cane. Nonostante il suo incanto e i miei ricordi, mi è apparso diverso: non più solo un rifugio personale, ma anche un punto d'osservazione di questa aprte di mondo. Ho assaporato la sua atmosfera e molto altro: il profumo della terra umida e delle piante spontanee che crescono lungo i margini del parco; il blu intenso del lago, il disegno delle sue coste viste dai diversi panorami; la planimetria di Arona fatta di tetti arancioni, strade grigie e inaspettati triangoli e rettangoli di verde; gli animali del parco (asini, capre tibetane, anatre, papere, tartarughe, farfalle e insetti laboriosi); il verde fresco dell'erba e il verde ombroso degli alberi; i sentieri che raggiungono il centro cittadino e le sponde del lago... Soprattutto le rovine della fortezza, ancora maestose con i loro occhi aperti sul cielo e i tanti segreti della storia che porteranno sempre con sé, nascosti tra le pietre.

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Se sei di passaggio da queste parti, fermati al Parco della Rocca Boromea: è un luogo magico sospeso nel tempo e nello spazio, un piccolo regalo da godere da sola o con la persona amata, gli amici e la famiglia. Il momento migliore è nel tardo pomeriggio, quando i bambini lasciano le altalene e frenano le corse nei prati: se vedi due adulti e un cane che assaporano un aperitivo vista lago, siamo noi. Stiamo facendo il pieno di serenità, bellezza e un pizzico di gioia.

Buon vento!

mercoledì 26 novembre 2014

Il giardino dei ricordi

Non ti capita mai di sovrapporre due ricordi di diversa natura e non sapere più quale sia la realtà e quale la fantasia? A me a volte succede. 
Domenica scorsa siamo stati a Varese, una città che ho nel cuore, perché qui sono nata e ho passato le mie estati da bambina. È un luogo dell'anima, circonfuso della luce ovattata dell'infanzia. Proprio mentre passeggiavo con il marito e il cane nei giardini di Palazzo Estense, sono tornati a galla dei ricordi intrecciati tra di loro. 

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Molti anni fa (ma molti molti) avevo letto il libro Peter Pan nei Giardini di Kensington e mi aveva lasciato il ricordo lieve di bambini che giocano a una fontana, aiuole fiorite delimitate da cordoli a forma di sassi appuntiti, alberi alti, viali e vialetti che s'incrociano l'uno all'altro e poi s'allontanano a dar forma a nastri di ghiaia, piccole fate nelle corolle dei fiori e i colori delle ombre e del sole attraverso i rami e oltre le siepi. Della trama non ricordo più nulla, ma l'ambientazione mi è molto precisa.
Molti anni dopo (ma molti molti), mi stavo recando al Museo Archeologico di Villa Mirabello per motivi di studio e mi sono ritrovata ad attraversare lo stesso giardino. Come mi sono stupita! Nella mia memoria i Giardini Estensi si erano trasformati nei Giardini di Kensington, ero sicura di averli incontrati solo nel libro e quasi mi aspettavo di vedere le fate uscire dai fiori e venirmi incontro.
Poi, pian piano, si sono risvegliati altri ricordi: io, la mamma e la nonna che passeggiamo lungo i vialetti all'ombra dei pergolati; il trenino che passa sotto la galleria; una giostrina appesa alla parete di una casetta, io seduta su una navicella spaziale che ruota dall'alto verso il basso poi di nuovo in alto e in mezzo la luna sorridente a cui cerco di toccare il naso; il disco infinito della fontana, dove mi fermo a guardare le barchette a vela sospinte dai bambini. 

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Domenica mi sono divertita a farmi prendere per mano da questi ricordi e a rincorrerli sul far della sera. Mentre il Baldo andava a caccia di nuovi odori e il marito ascoltava paziente le mie esclamazioni di gioiosa scoperta.

Buon vento dei ricordi...

venerdì 7 novembre 2014

I Lagoni di Mercurago

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Questo è un luogo fatato. Ci venivo spesso, quando abitavo qui vicino. Mi sedevo sulla panchina di legno e osservavo le acque del lagone brillare al sole. Lasciavo i pensieri in libertà e mi sentivo felice.
Sono sicura che tra i tronchi degli alberi e le foglie sui rami un unicorno e qualche folletto mi stessero osservando.
Un luogo magico che ha un nome lunghissimo, Parco naturale dei Lagoni di Mercurago. Si trova sulle colline moreniche alle spalle di Arona e occupa una vasta area verde - fatta di boschi, prati, pascoli, torbiere, stagni e paludi di origine glaciale. È come un reame a sé, dai confini verdi, adagiato sul territorio di molti comuni: per raggiungere un paese da un  altro, però, è impossibile attraversarlo, se non a piedi e prendendosi tutto il tempo necessario. Qui dentro la frenesia svanisce, perché si entra in un'altra dimensione.
È uno dei miei luoghi dell'anima e ogni volta tornarci è un po' come tornare a casa. Qui mi sento riconosciuta dagli alberi, coccolata dai profumi della natura, abbracciata dai colori in divenire.

Col sole alto e l'aria tiepida, domenica scorsa ci siamo regalati una passeggiata lungo il sentiero delle zone umide. Un percorso breve ma molto affascinante.
Siamo saliti al parco dall'entrata di Dormelletto - la mia preferita, perché la salita è lunga e sembra infinita e quando arrivo finalmente in piano, sono ripagata dalla bellissima vista: all'improvviso il paesaggio si apre sulla distesa verde di un grande prato e, poco più in là, sulla distesa liquida e multicolore del lagone.

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Che silenzio. Sembra un luogo sacro, qui non si può far altro che ammutolire e osservare: le scie degli uccelli sull'acqua, le onde morbide e rilassate, i colori del cielo rispecchiati sulla superficie, i canneti che ondeggiano quando qualche uccello prende il volo. Regala una pace e un senso di gioioso benessere, come mai da nessun'altra parte ho trovato. Facile trovare persone in piedi sul bordo del lagone, ferme con gli occhi persi nell'assoluta bellezza ed eternità di questo luogo.
Il Baldo, il marito e io non siamo stati da meno (il Baldo, forse, era meno colpito da tanto spettacolo e più interessato alle numerose informazioni olfattive di flora e fauna).
Dopo qualche minuto di contemplazione, abbiamo lasciato il lagone sulla nostra destra e imboccato il sentiero delle zone umide. Abbiamo incontrato... 

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... personaggi delle fiabe mimetizzati,
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piccoli draghi trasformati in rami secchi,
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tappeti di foglie dorate intessuti dalle fate,
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un ponticello di legno sul confine tra il regno fatato e il mondo dei cavalli.
E poi pascoli, galoppatoi, staccionate, un cavallo trasformato in pietra da un mago dispettoso, e là in fondo il cancello per tornare alle stalle, al caldo e al sicuro.

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Al di là degli steccati e delle siepi di ligustro e biancospino (necessari per tener lontano i folletti impertinenti), ancora echeggiano gli zoccoli dei cavalli di razza Dormello-Olgiata, famosi in tutto il mondo - hai presente Ribot? Sono stati allevati  dal Mago di Dormello, Federico Tesio, che all'inizio del Novecento ha scelto questi pascoli per l'aria umida, il terreno asciutto e una leggera pendenza che irrobustisce la muscolatura dei campioni.

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Il sentiero è circolare e sbuca davanti al lagone - siamo arrivati giusto in tempo per ammirare i colori del tramonto.
Una passeggiata breve, è durata circa un'ora e mezzo - ma qui il tempo è abituato a fermarsi, per millenni, cent'anni o anche solo una manciata di ore.

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