lunedì 30 gennaio 2017

I giorni della merla

Le leggende parlano di merli dalle penne bianche, di un gennaio dispettoso, di giorni presi in prestito, di fuliggine dei camini e di una merla che, da bianca, ne diventa grigia.


Secondo la tradizione gli ultimi tre giorni di gennaio - o gli ultimi due e il primo di febbraio - sono i giorni più freddi dell'anno.
I contadini, osservandone il tempo, prevedevano il clima di febbraio e marzo. Ci proviamo?

Dunque, ecco come fare:

  • se oggi, 29 gennaio, fa molto freddo e c'è il sole significa che gennaio, per la maggior parte dei giorni, è stato  freddo e pieno di sole 
  • se domani, 30 gennaio, pioverà e sarà meno freddo si prevede un febbraio piovoso e meno freddo
  • se in questi tre giorni fa un gran freddo e magari nevica, la primavera arriverà in anticipo e sarà bella
  • se, invece, non saranno freddissimi, la primavera sarà fredda

Sul Lago Maggiore gennaio è stato un mese freddissimo, con cieli bigi prima e soleggiati poi. Oggi, sulle colline del Vergante, ci sono 7° C (più caldo rispetto ai giorni scorsi) e il sole è velato: febbraio sarà più mite, ma avremo una primavera fredda?
Spero proprio di no. Quasi quasi esco in giardino a far la danza della neve!

venerdì 27 gennaio 2017

C'era una volta, sulle sponde del Lagone di Mercurago, un villaggio

Sei pronto per un viaggio a ritroso nel tempo? Non preoccuparti, la strada non sarà lunga: basta raggiungere il Parco naturale dei Lagoni di Mercurago ad Arona nel Novarese, chiudere gli occhi per un secondo, riaprirli e lasciarsi andare all'immaginazione.

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Il Lagone di Mercurago è un luogo magico, dove le nebbie del tempo si dissipano e svelano vite vissute mille e mille anni fa.
Vieni: affrontiamo la salita con calma, seguiamo la curva a destra, sfioriamo i pascoli dei cavalli, svoltiamo a sinistra. Ancora qualche passo e già tra i tronchi degli alberi s'intravede il baluginio del sole sulle onde del Lagone.
E poi eccolo, il piccolo lago, disteso tra i canneti, ammantato di boschi con un grande prato ai suoi piedi: quasi tremila e settecento anni fa, qui sorgeva un villaggio.

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Un villaggio costruito sulle rive melmose, rese sicure da pali conficcati nel terreno e strati di tavole, pietre e ramaglie, con case di legno dai tetti di paglia affacciate sull'acqua.
Dove le giornate iniziano presto, ognuno intento nelle proprie attività. I contadini nei campi, i ceramisti accanto ai forni, i metallurghi chini sui crogioli, i tessitori con la lana sui fusi, i carradori nell'officina, gli scheggiatori tra le pietre, i cacciatori e i pescatori sulle piroghe tra le onde calme.
Finché arriva sera e ci si raccoglie attorno al fuoco per ascoltare le storie dei mercanti. Hanno visto il mare, laggiù, e valicato le alte montagne, lassù, percorso i fiumi su piroghe di legno, incontrato altri mercanti, genti, villaggi.

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Un villaggio sorto in un punto d'incontro tra le vie di traffico lungo i torrenti interni, i grandi fiumi e il Lago Maggiore, vie che portano lontano verso il mare Adriatico, il mar Ligure e le Alpi. Dove il limo {} lasciato dalle piene sulle sponde e il loess {} portato dai venti sulle colline rendono fertile il terreno. Dove l'acqua mitiga i freddi inverni e promette sicurezza e abbondanza.

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Un villaggio abitato per quasi quattrocento anni da una piccola comunità di agricoltori, abili artigiani e mercanti di beni di prestigio. La cui vita s'interrompe per cento anni, quando il clima peggiora e il Lagone si trasforma in palude, e poi riprende ininterrotta. Finché fa di nuovo troppo freddo, le falde acquifere s'abbassano, la palude avanza, si sviluppano nuovi assi commerciali, sorgono nuovi e grandi villaggi sulle sponde del Lago Maggiore e del Ticino...
Tutto cambia: si volta pagina e inizia una nuova storia.

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Li vedi, gli ultimi bagliori dei focolari, mentre le stelle splendono alte nel cielo e nel buio dei boschi gli animali notturni lanciano i loro gridi?



Il sito archeologico del Lagone di Mercurago conserva i resti di un abitato su bonifica {} datati all'età del Bronzo (tra XVIII e XIII secolo a.C.) e scoperti nel 1862 da Bartolomeo Gastaldi.
Assieme ad altri centodieci siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino, rientra nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco dal 2011.


{Il limo è un sedimento, cioè un terriccio molto fine sospeso nelle acque di fiumi e laghi che, dopo le piene, si deposita sui terreni circostanti e forma uno strato di terreno fertile. 
{Il loess è un deposito eolico, cioè uno strato di sabbia e limo di origine glaciale (eroso, trasportato e depositato dai ghiacciai) trasportato e depositato dal vento.
{Un abitato si dice su bonifica quando è costruito sulle sponde fangose di uno specchio d'acqua, rese solide con la costruzione di una struttura di pali conficcati nel terreno e di una pavimentazione di tavole di legno, sassi, ramaglie. 


venerdì 20 gennaio 2017

In treno, prima dell'alba e dopo il tramonto

Sto viaggiando più del solito. Le mie destinazioni sono grandi città italiane: Milano, Roma, Torino, Bologna.

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Parto al mattino prima dell'alba. 
Prendo un treno, nel silenzio assonnato del vagone stanco. 
Faccio colazione in stazione, nel rumore assordante di cucchiaini e tazzine, ordini urlati da una parte all'altra del bancone, discorsi in ogni lingua e in ogni tono.  
Prendo un altro treno, nel quasi silenzio educato della gente che lavora. L'Italia scorre dal finestrino.
Arrivo in città, abbraccio le persone che passeranno con me questa giornata. Corriamo verso il luogo dell'appuntamento e il dove e il quando spariscono.
Poi, tra l'ultima luce e i primi bui, corriamo verso la stazione e ci salutiamo.
Prendo un treno, nel rumore caotico dei miei pensieri, mentre l'Italia si riavvolge oltre il finestrino.
Faccio mente locale in stazione. Seguo le luci arancioni e raggiungo il binario, zigzagando tra qualsiasi tipo di gente.
Prendo un altro treno, nel torpore della stanchezza. Combatto per non chiudere gli occhi e non perdere la fermata.
Arrivo la sera dopo il tramonto.

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Sto viaggiando più del solito. A Milano, Roma, Torino, Bologna. Delle città vedo ben poco, delle stazioni prendo le misure. Viaggiare per lavoro è una delle cose più belle che ci sia.

venerdì 13 gennaio 2017

Sui sentieri di Invorio

Nove giorni chiusi in casa da una doppia influenza (mia e del marito). Nove giorni di sole brillante e cielo terso - e aria di ghiaccio. Me me accorgo quando esco ad aprire e chiudere le persiane, le uniche sortite quotidiane.
Il decimo giorno non stiamo più nella pelle, vogliamo uscire! Una passeggiata tranquilla, un giro veloce, qui a Invorio. Così lasciamo la casa: i bipedi imbacuccati da testa a piedi, il quadrupede zampettante d'impazienza.

Il bello di Invorio è che si trova nel Vergante e alterna i centri storici delle tante frazioni a cascine antiche, campi, villaggi moderni e boschi.
Tempo fa ci siamo imbattuti per caso in un cartello intrigante: "Percorso della Memoria", diceva. Oggi lo seguiamo per scoprire dove ci porta.

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Attraversiamo piazza Vittorio Veneto, quella del municipio, imbocchiamo via Cesare Battisti, svoltiamo in via Dorina Bertona Bellosta, là dove la bella casa d'epoca e un cartello segnano l'inizio del percorso. Fiancheggiamo la fabbrica della Barazzoni (hai presente le pentole? Ecco, le fanno qui) e percorriamo la via Dorina Bertona Bellosta, tra campi, boschi e ville residenziali.
Un nuovo cartello segna la direzione del percorso, lungo una strada di terra, che ben presto si dirama in due sentieri. Seguiamo quello di sinistra e ci addentriamo nel bosco.

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E penso. Se abitassi nell'ultima villa sul sentiero, ogni domenica mattina uscirei col Baldo per una passeggiata tra gli alberi, fino a riconoscere ogni svolta, ogni ceppo, ogni profumo. Rimetterei in ordine i pensieri e ritroverei l'equilibrio, passo dopo passo, via gli affanni della settimana, via la frenesia, via tutto ciò che nella fretta intralcia. Domenica dopo domenica, imparerei a conoscere il bosco.

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Come il signore che incontriamo, nel silenzio frusciante, cui chiedo informazioni sul percorso. Poco più in là c'è un cippo commemorativo, per ricordare il partigiano Ugo Ballerini, e un bivio: a destra si arriva fino alla frazione di Barquedo, a sinistra si raggiunge la Baraggia e da lì via Cesare Battisti, per ritornare in paese.

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Solleviamo nuvole crocchianti di foglie e il marito ricorda quando, da piccolo, il bosco era pulito. I proprietari ne raccoglievano le foglie, i rami caduti, pulivano i sentieri, così l'acqua piovana penetrava nel terreno (invece di ruscellare su uno strato spesso di foglie secche e invadere le strade asfaltate) e il bosco si manteneva vivo. Una volta non era solo un posto dove passeggiare, ma una ricca risorsa di materie prime: curarlo era importante come curare la propria salute.

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Sentiamo il rumore d'autostrada, intravediamo sotto di noi una via conosciuta. Ma è lontana, è già mezzogiorno, abbiamo fame: torniamo sui nostri passi, la via più breve.
D'altronde è il decimo giorno e nove li abbiamo passati con l'influenza: meglio andarci piano.

Buon vento 

lunedì 9 gennaio 2017

La Luna e il Sole

Il tempo è la quarta dimensione: la realtà non è fatta solo di centimetri lineari, quadrati e cubi, ma anche - e soprattutto - di momenti, di attimi che sembrano ore e di ore lunghe quanto un battito di ciglia.

Luc Besson nel film Lucy afferma che il tempo è l'unica unità di misura della vita terrestre: senza, non ci sarebbe esistenza - e mi vien voglia di credergli.
Per me il tempo è una linea: si evolve a ritmo incostante, ma continuo, dal punto d'inizio all'infinito. Per alcuni ha la forma stessa dell'infinito, per altri è un cerchio il cui scorrere termina col suo inizio, anno dopo anno.

I giorni, le stagioni e gli anni possiedono un ritmo scandito da fenomeni precisi: è il ritmo della natura cui si adeguano tutti gli esseri viventi. Le persone li celebrano da sempre con riti, cerimonie e feste: ancora oggi, appena gli scintillii del Natale sono riposti negli scatoloni, si pensa già ai colori del Carnevale, ai sospiri di San Valentino, si immaginano già i decori per Pasqua.

La Luna e il Sole si avvicinano e s'allontanano dalla Terra secondo danze apparenti. Gli antichi agricoltori li seguivano costruendo imponenti calendari di pietra, i contadini di ieri e di oggi ne leggono i segni nei campi per conoscere in anticipo come sarà il raccolto. Questa saggezza popolare, fatta di millenni di osservazione, di lavoro, di coincidenze precise tra cielo e terra, prende forma nella meteorognostica - e ne voglio sapere di più!

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Intanto, la vita va avanti anno dopo anno. È il "tempo dell'eterno ritorno": alla fine del percorso tutto muore e tutto torna a rinascere - garanzia di sicurezza.

Buon vento e buon anno nuovo!

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