Parto al mattino prima dell'alba.
Prendo un treno, nel silenzio assonnato del vagone stanco.
Faccio colazione in stazione, nel rumore assordante di cucchiaini e tazzine, ordini urlati da una parte all'altra del bancone, discorsi in ogni lingua e in ogni tono.
Prendo un altro treno, nel quasi silenzio educato della gente che lavora. L'Italia scorre dal finestrino.
Arrivo in città, abbraccio le persone che passeranno con me questa giornata. Corriamo verso il luogo dell'appuntamento e il dove e il quando spariscono.
Poi, tra l'ultima luce e i primi bui, corriamo verso la stazione e ci salutiamo.
Prendo un treno, nel rumore caotico dei miei pensieri, mentre l'Italia si riavvolge oltre il finestrino.
Faccio mente locale in stazione. Seguo le luci arancioni e raggiungo il binario, zigzagando tra qualsiasi tipo di gente.
Prendo un altro treno, nel torpore della stanchezza. Combatto per non chiudere gli occhi e non perdere la fermata.
Arrivo la sera dopo il tramonto.
Sto viaggiando più del solito. A Milano, Roma, Torino, Bologna. Delle città vedo ben poco, delle stazioni prendo le misure. Viaggiare per lavoro è una delle cose più belle che ci sia.
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