giovedì 30 aprile 2015

Vento tra i capelli e i pensieri

Forse è il forte vento di questi giorni - che afferra, trascina e strappa le nuvole portatrici di pioggia - o forse è il mio zugunruhe. 
Forse è la mancanza di viaggi all'orizzonte e la penuria di tempo per passeggiate e scoperte dietro l'angolo. La moto ancora riposa nel fienile e non abbiamo idea di quando potremo farci portare per le valli e le coste del lago: in programma ci sono dei grandi lavori alla casa (cara vecchia e insaziabile casa) e ci ruberanno la maggior parte dei prossimi fine settimana.
Vedi? La stanzialità ci fa male.
Sempre più spesso ci assale la voglia di lasciare tutto, trovare il nostro camper ideale e riempirci gli occhi di bellezza e la testa di pensieri nuovi. Ritrovarci la sera a cena e poter rispondere alla solita domanda (com'è andata oggi?) con un grande sorriso e gli occhi brillanti: "Bene".
Verrà il tempo anche per questo.

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Fatto sta che, mentre lo aspetto, nella mia testa si sono formate nuove idee, nuove piccole sfide di racconti e di luoghi.

La prima nuova piccola sfida

Sto pensando alle vacanze di quest'anno: non le faremo. Ma sono ancora grata e piena di bellezza per le vacanze dell'anno scorso all'Isola d'Elba. Ho deciso di tornarci virtualmente riordinando i ricordi su carta. Cerco su internet il sistema migliore e scopro di poter scegliere tra album fotografici e travel journal: sto per addentrarmi nel mondo dello scrapbooking, del journaling e di ciò che ancora devo scoprire!

La seconda nuova piccola sfida

Sto pensando all'arte parietale: conosco quella preistorica, ma da qualche tempo a questa parte i miei occhi si riempiono di muri cittadini dipinti da artisti contemporanei. Una volta si fissavano sulle pareti i valori intrinseci e i sentimenti spirituali - l'essenza - di una comunità: voglio scoprire se col passare dei millenni è ancora così o qualcosa è cambiato.

La terza nuova piccola sfida

Sto pensando ai racconti di tempi lontani: ancora non ne ho scritto. Sto aspettando il momento giusto - un po' come quando da piccoli non si ha il coraggio di salutare chi ci fa battere il cuore. Ma il momento è arrivato: dal mese prossimo inizierò una nuova rubrica dedicata ai luoghi archeologici del territorio in cui vivo.

Buon vento!

lunedì 27 aprile 2015

Sono affetta da zugunruhe

Sono solo a quota tre libri della rubrica Racconti di viaggio e già sono in preda a pensieri vorticosi. Sospinta dal vento delle intuizioni, cerco di riassumere quanto ho imparato di me stessa attraverso le parole e le esperienze di altri.
Per chiarirmi le idee, ci vuole una lista di motivazioni: che cosa induce certe persone a desiderare con struggimento di muoversi.

  1. La salute: meglio onorare il proprio corpo, piuttosto che correre ai ripari.
  2. Il tempo: l'incognita più preziosa e più delicata.
  3. La speranza: il faro che guida l'evoluzione personale, senza non c'è movimento.
  4. La curiosità: la tensione dell'arco, un attimo prima di scoccare la freccia.
  5. La libertà: uno stato di grazia, fatto di rispetto per gli altri e per sé.
  6. La scoperta: quando la freccia centra il bersaglio e tutto s'illumina.
  7. L'amore: per la vita e per chi ha fiducia in noi.
  8. La nostalgia: il desiderio di appartenenza, di sicurezza e di felicità per l'ignoto.
  9. L'istinto: la bussola del corpo.

Dopo aver letto Le oche delle nevi di William Fiennes si forma dentro di me un pensiero: l'irrequietezza dei viaggiatori è forse un rimasuglio d'istinto migratorio preistorico?
Anche noi un tempo ci spostavamo due volte all'anno in cerca di condizioni vitali migliori: dai rifugi invernali agli accampamenti estivi, viaggiavamo perché l'asse terrestre è inclinato.

A volte rimasugli di preistoria rimangono dentro di noi - come nel caso della mutazione genetica per il latte e i latticini. Una volta, infatti, nessuno di noi adulti poteva digerire il lattosio: dalla pubertà l'enzima lattasi smetteva di formarsi nel nostro corpo, semplicemente perché non ce n'era più bisogno. Con l'allevamento e lo sfruttamento dei prodotti secondari degli animali (circa sei-cinquemila anni fa dalle nostre parti) tutto cambia, anche dentro di noi: l'evoluzione della specie fa sì che possiamo godere del grande piacere dei formaggi, dello yogurt e di una buona tazza di latte caldo. Eppure ancora oggi esistono persone che perdono la lattasi - per esempio io.
Come se in certi umani l'evoluzione avesse dimenticato un pezzo. Penso: se l'ha fatto con la lattasi, potrebbe averlo fatto con lo zugunruhe.

Quindi, l'anelito che alcuni di noi provano, lo struggimento che li porta a desiderare con tutte le forze di spostarsi, l'irrequietezza di andarsene lontano lungo rotte suggerite dall'ispirazione - potrebbe essere solo un atavico istinto migratorio.

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sabato 25 aprile 2015

Le oche delle nevi



Dopo il giro del mondo in barca a vela e in moto, la rubrica per chi "cerca qualcosa di più" prosegue sulle ali de Le oche delle nevi di William Fiennes. 
Il libro giusto per questa stagione: parla di migrazioni primaverili, ma non solo.

La storia è molto semplice: l'autore, convalescente a casa dei genitori in seguito a una serie di operazioni, decide di seguire la migrazione primaverile delle oche del nevi. Il progetto nasce dopo aver ritrovato un libro, in cui un'oca delle nevi finisce fuori rotta dopo una violenta tempesta.
Il suo è un viaggio su più livelli: ci sono gli uccelli migratori; ci sono i luoghi e le persone incontrate, densi di storie e portatori di doni; c'è il filo dei suoi pensieri, dal giorno in cui è stato dimesso dall'ospedale al giorno in cui torna a casa con una consapevolezza importante.

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William Fiennes, Le oche delle nevi, Bompiani 2002
williamfiennes.com

Il viaggio da Austin in Texas fino all'Isola di Baffin in Canada per seguire la migrazione delle oche delle nevi verso i loro luoghi natii è, in realtà, un viaggio all'interno della coscienza: entrambi s'intrecciano e danno significato l'uno all'altro.
Gli uccelli viaggiano perché l'asse terrestre è inclinato: fedeli ai cicli circannuali, in autunno volano verso il caldo e in primavera verso i luoghi di riproduzione. Due volte all'anno l'alimentazione intensiva e l'irrequietezza (Zugunruhe) segnano il tempo delle migrazioni e rispondono al loro istinto migratorio: il bisogno di spostarsi, infatti, è codificato nei loro geni. Anche la rotta è codificata nei loro geni, ma con una certa flessibilità: all'occorrenza trovano la strada seguendo il sole, le costellazioni e gli angoli d'inclinazione delle linee del campo magnetico.
L'autore viaggia perché ha bisogno di nuovi orizzonti: la spinta degli uccelli a migrare suscita in lui il desiderio di novità e libertà.  Dalla nostalgia struggente di casa, provata in ospedale, al bisogno di una via di fuga durante la convalescenza e, di nuovo, la nostalgia di casa. La nostalgia è il dolore del ritorno e accade in due dimensioni: nello spazio (la mancanza di casa) e nel tempo (l'anelito a ritornare nel passato).
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Ecco, la nostalgia. Credo di averne sofferto in rari casi, quando da bambina o da ragazzina mi trovavo altrove senza volerlo - forse, era più un sentimento di ribellione. Di solito mi piace l'idea di tornare a casa, perché ho nuove idee e progetti, che non vedo l'ora di realizzare. Ultimamente, però, soffro di nostalgia al contrario: un dolore sordo e forte che m'impedisce di respirare al solo pensiero di abbandonare un posto per tornare a casa. Chissà che cosa significa?

Buon vento!

sabato 18 aprile 2015

Negli oratori di Barengo scopro il corallo

Settimana scorsa mi ritrovo a Barengo, un piccolo comune appoggiato tra le risaie e le colline novaresi all'ombra di un antico castello. Vo per oratori a caccia di affreschi del Quattrocento e scopro collane e bracciali di corallo.

Queste piccole chiese medievali nascondono spesso un tesoro di affreschi multicolori, ricchi di particolari e densi di significato: gli oratori di Santa Maria in Campagna e di San Rocco non sono da meno. Il primo si trova nel cimitero del paese ed è vecchio di almeno settecento anni: nel Trecento era la chiesa parrocchiale dell'intera comunità, ma perse questo privilegio in seguito ai disastri perpetrati dal Visconti e dal marchese del Monferrato, sempre in lotta fra loro (e già incontrati dalle parti di Invorio). Il secondo, invece, si trova quasi fuori dal paese, verso est, e risale a seicento anni fa: era stato costruito sul finire del Medioevo per invocare l'aiuto del santo protettore contro la peste.

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Adoro fare un giro attorno agli oratori. I ciottoli di fiume e i mattoni rossi dei muri perimetrali sono collocati come note su spartiti musicali: suonano una musica ordinata e armonica, ma in alcuni punti s'interrompono in silenzi improvvisi o riprendono ritmo in cacofoniche sovrapposizioni. È la musica dei secoli che avanzano, dei cambiamenti e dei nuovi utilizzi.
Appena varco la soglia, rimango rapita dalla melodia di colori, immagini e simboli che cantano la storia di quel tempo: i signori del luogo, la peste, una nascita festosa, i santi protettori, la fede.
Tra le scene di questi muri dipinti mi sorprende la presenza del corallo: i piccoli Gesù in braccio alle giovani Marie indossano parure di corallo - perle sferiche e rametti di un rosso intenso e scuro.

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Un materiale per lungo tempo misterioso, usato da almeno tremila anni per decorare i gioielli e arricchirli di un significato più profondo. Era pescato, lavorato da abili artigiani e commerciato assieme ad altri materiali preziosi. Era polverizzato e assunto come medicinale per  curare molte malattie, indossato come amuleto per proteggere le persone contro le sventure in guerra, in navigazione, contro i fulmini, per proteggere la fertilità delle donne e i bambini dalla morte improvvisa.
Poeti e naturalisti dell'antica Roma ritenevano il corallo una pianta acquatica flessuosa che s'indurisce al contatto dell'aria, e ne raccontano l'origine con un evento prodigioso.
Tutto ebbe inizio con Perseo, l'eroe figlio del dio Zeus e della principessa di Argo Danae. Fece tante cose nella sua vita: uccise la gorgone Medusa dallo sguardo pietrificante e dai capelli-serpenti, cavalcò Pegaso il cavallo alato, liberò da un mostro marino Andromeda, la sposò, diventò re di Tirinto e fondò la città di Micene. Tra tutte queste avventure, quasi senza accorgersi, causò l'origine del corallo.
Immagina: sulle sponde dell'Etiopia il mostro marino è morto, la regina Cassiopea e il re Cefeo gioiscono, la loro figlia Andromeda è salva, Perseo si china sulle onde del mare per lavarsi le mani, la testa di Medusa è appoggiata su uno strato di piante raccolte dal mare. All'improvviso, le piante a contatto con la testa di Medusa s'induriscono e s'irrigidiscono, per sempre. Se ne accorgono le ninfe del mare: stupite riprovano questo prodigio e, riuscendoci, spargono nel mare i semi di queste piante irrigidite - il corallo.

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Buon vento

giovedì 9 aprile 2015

Il giro del mondo in moto

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Dopo aver attraversato gli oceani in barca a vela, mi regalo Il giro del mondo in moto di Marco Deambrogio. Un libro letto anni fa e riletto con lo stesso piacere di allora.

Non conosco personalmente l'autore, ma dalle pagine di questo libro mi sembra una persona fortunata: sa come trasformare i sogni in realtà oltre ogni ostacolo, oltre ogni paura o titubanza, oltre ogni fatica; va avanti, in cerca di qualcosa di nuovo, per saziare la curiosità, per testare la forza della libertà. Per dare un senso più pieno alla propria vita.

A trent'anni inizia a viaggiare, o meglio a esplorare il mondo e, assieme, i propri limiti: sui ghiacci della Groenlandia, via terra e via fiume in Cambogia, in Vietnam e nella foresta amazzonica, sul fuoristrada in Islanda e attraverso l'Australia, sugli sci dalla Siberia al Polo Nord, a piedi nella foresta vergine della Nuova Guinea e sull'Everest.
E poi arriva la motocicletta e il giro attorno al mondo: cinquantasettemila chilometri in otto mesi, dal continente americano in direzione sud-nord al Giappone, dalla Russia in direzione est-ovest all'Europa del nord e, infine, in Italia, a casa.
Dopo questa avventura continua a viaggiare nel mondo, spesso in moto, a volte in automobile, altre ancora a piedi. Continua a incontrare gente, confrontarsi con la vita, provare e raccontare emozioni. 

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Marco Deambrogio, Il giro del mondo in moto, Sperling & Kupfer Editori, 2006
marcodeambrogio.com


Un viaggiatore come quelli di una volta, per cui lo scopo del viaggio è la scoperta: scoprire l'infinito mosaico di paesaggi e genti, scoprire nuovi limiti, scoprire nuovi pensieri. Scoprire ogni volta la fortuna di una consapevolezza: il motore del viaggio è l'amore per la vita e per chi rimane a casa ad attendere il ritorno.
Questo mi fa riflettere: sono una viaggiatrice della mente, dell'anima e del tempo (raramente - ahimè - mi concedo un vero e proprio viaggio fisico al di là dei confini conosciuti), l'ultima "spedizione" la sto intraprendendo anche grazie alla fiducia delle persone che mi amano. Per me è una grande scoperta.

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Buon vento!

giovedì 2 aprile 2015

Una passeggiata a Fitzrovia, sulle tracce di Virginia Woolf

Non è vero che il tempo passa: c'è un luogo dentro di noi in cui si ferma. Posso chiudere gli occhi, evocare quei ricordi e sono di nuovo lì: domenica mattina, il primo giorno di marzo, sto passeggiando nel quartiere Fitzrovia, a Londra.

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C'è un silenzio. Si sentono solo le folate di vento: le macchine sono ferme nei parcheggi, le saracinesche riposano abbassate sulle vetrine, qualche insegna luminosa sbadiglia sopra i bar. Poche persone per le vie, probabilmente altri turisti, o qualche genitore in visita ai giovani studenti.
Questo è un quartiere vivace, culturalmente vivo e orgoglioso - un assaggio ne ho avuto due sere fa - ma di domenica è tutto silente.
Un paio d'ore non sono abbastanza per conoscerlo, però l'atmosfera irreale - e un po' di nostalgia precoce - mi fa credere che tutto sia possibile. Come incontrare l'anima di Virginia Woolf passeggiando.

Mappa della città alla mano, mi dirigo in cerca di Fitzroy Square, gli occhi scrutano il più possibile e archiviano informazioni indelebili. Solo a scriverne ho già voglia di essere lì.
E così, tra strade deserte, negozi di meraviglie addormentate, mattoni bruniti dal sole, ingressi sonnolenti, l'incanto di un giardino segreto e i passi attutiti di una donna vissuta anni fa, mi perdo in un sogno.

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Mi risveglio mentre cerco il pub Fitzroy Tavern, dove si riunivano giovani artisti, intellettuali e politici all'inizio del secolo scorso.
Mi chiedo cosa si prova a far cambiare un tratto di storia con le proprie idee, a volere fortemente e fare il cambiamento, e... arriva il taxi: le valigie son già nel baule assieme alle mie domande. Cercherò le risposte tra le righe dei libri di Virginia, chiuderò gli occhi e immaginerò.

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