giovedì 27 agosto 2015

Le acque esotiche del Lago Maggiore

Passeggiavo lungo la riva del lago e mi sono ritrovata in acque esotiche. Come se avessi attraversato un portale magico, sollevato un velo d'aria o guardato da una finestra spazio-temporale.
Passeggiavo lungo la riva del lago, godevo del caldo temperato di una quasi sera di fine agosto. Poche persone in giro, ma c'era quella luce speciale, calda e avvolgente, che fa risplendere ogni particolare: i monti in lontananza, il castello d'Angera, le scie dei battelli tra le onde del lago, le foglie verdi dai rami degli alberi, le strisce pedonali rosse, l'asfalto grigio, le macchine, qualche nuvola, il cielo blu. Tutto brillava di una luce viva: sta iniziando il periodo più bello dell'anno, con quel misto di nostalgia per l'estate vissuta e un pizzico di curiosità per l'autunno ancora da vivere.
Passeggiavo e mi godevo tutte queste sensazioni e i pensieri già volavano alti. Forse troppo alti: mi son   distratta un attimo a rincorrerli, e mi ritrovo sulle rive di un fiume asiatico. 
Due borsoni ricolmi di insalata appoggiati sulla spiaggia, l'acqua di quel colore indefinito tipico delle rive, le onde che s'inseguono e s'allargano tra la sabbia e gli scafi delle imbarcazioni. Con lentezza, anzi: pigrizia. Due donne chine sull'acqua, i piedi immersi e le schiene ricurve: lavano la verdura con gesti consueti.

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Se non avessi guardato oltre, verso i battelli della Navigazione del Lago Maggiore, avrei creduto di trovarmi in un 'altra dimensione. Per qualche minuto ho viaggiato più veloce della luce e sono stata sulle sponde di un fiume orientale.

Buon vento

venerdì 14 agosto 2015

Di sera, a passeggio col cane per Invorio

Ho liste di luoghi da perlustrare, di biblioteche e musei da visitare, di libri da consultare. Giri in moto programmati da mesi e pregustati. Ma il caldo mi appiattisce: limito le uscite al minimo indispensabile, possibilmente in luoghi con l'aria condizionata. E poi ci sono i lavori in casa e il lavoro quotidiano, che raddoppia il carico... A volte ho l'impressione che pure viaggiare con la mente sia faticoso.
Rimangono le passeggiate serali con il Baldo per le vie del paese. 
Usciamo tardi, quando le famiglie son riunite attorno al tavolo e alla televisione e in giro ci sono solo i ragazzini dalle energie inesauribili e i cani coi loro padroni. Il silenzio è profondo e denso. A volte qualche macchina saetta sulla strada verso altri luoghi, rombando. 
Noi seguiamo il nostro percorso: la piazza rotonda, il municipio, l'edicola, la biblioteca, l'albergo abbandonato, il prato sotto la chiesa, la casetta della Pro Loco, i giardini pubblici, la Posta, la strettoia delle pompe funebri e infine la breve salita del vicolo fino a casa.
Questa volta cambiamo e dalla piazza rotonda imbocchiamo la via Odazio. È una delle mie preferite: c'è sempre qualcosa da osservare, qualche particolare nuovo che si mostra impaziente, un miscuglio casuale di passato e presente, tracce pesanti di restauri, ristrutturazioni e pasticci. La percorro col naso all'insù e la macchina fotografica pronta a prendere al volo quei labili indizi di storia, sparpagliati come in una caccia al tesoro.

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Vecchie insegne dipinte sui muri rievocano il chiacchiericcio dei negozi, scherzi e saluti di gente che si conosce da tempo, saracinesche sollevate al mattino presto, profumi di cibo che galleggiano nell'aria dalle porte spalancate. Portoni storti, dimessi, rovinati dal tempo e dall'incuria, nascondono cortili lastricati, giardini pensili e lussureggianti che pendono dai balconi e trasformano il buio della sera in una foresta sussurrante. Lacerti di affreschi antichi, ignorati e mai guardati, fiancheggiano grottesche dipinte di recente ad abbellire un tratto di muro - l'amore per la propria casa. Intonaco che si disfa, cemento che rattoppa, pietre antiche messe in mostra, altre nascoste perché troppo interessanti.
Poi la via finisce, tra vecchie case ristrutturate di recente e da troppo tempo, e sfocia nella strada di tutti i giorni. Ci lasciamo la storia alle spalle e torniamo nel presente, col Baldo che tira il guinzaglio per snasare da vicino le briciole della pasticceria e ha premura di incontrare altri cani.

È in questi momenti che la mia parte cittadina fa pace con il paese in cui vive: ogni luogo ha una storia da raccontare e piccoli tesori da svelare a chi è curioso.

giovedì 6 agosto 2015

I Borromeo e il Lago Maggiore

Io mi sono emozionata. Non ero lì, a vedere coi miei occhi lo sfavillio della bellezza e la gara di splendore tra vecchia e nuova aristocrazia e vecchio e nuovo (sempre nuovo) lago - ognuno con i propri gioielli ben in vista, le proprie medaglie e il peso dei secoli di storia condensati in una manciata di ore e di giorni. Non ero presente, ma se ci penso mi emoziono.
Perché i Borromeo sono i "nostri principi", per noi gente di lago.  

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Borromeo è uno dei primi nomi che impariamo a scuola quando scopriamo la storia del nostro paese e che incontriamo la domenica a spasso assieme alla famiglia: la Rocca Borromea di Arona, la Rocca di Angera, il golfo Borromeo, le isole Borromee, il San Carlone e il mai compiuto Sacro Monte di San Carlo di Arona, la strada Borromea per il Mottarone... Ovunque andiamo, qui sul lago, ci sono loro.
Ci sono fin dalla metà del Quattrocento, quando Vitaliano Borromeo riceve dal duca di Milano in feudo le terre del Lago Maggiore. I Borromeo, come me, non sono originari del lago: dalla Toscana giungono a Milano per motivi politici ed economici - sono commercianti e banchieri - e legano le loro sorti con quelle dei duchi di Milano. Sono diventati conti di queste terre, le hanno amate, amministrate, hanno combattuto per loro, finché la storia - loro e del Lago Maggiore - è cambiata.
Vengono da altri luoghi e vivono in altri luoghi, ma sono sicura che il lago con i suoi gioielli sia dentro il loro cuore. Come capita a me.

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