Un vento anomalo con manie da protagonista è passato di qua ieri mattina prestissimo. Ha sconquassato finestre e porte, travolto mobili da giardino, piante, mucchi di foglie, ha testato la solidità dei tetti, asciugato l'umidità del cielo, ridato vita ai colori e portato con sé un freddo intenso e pungente. Ha mandato all'aria progetti di viaggio e frustato le onde del lago. Si aggira ancora da queste parti, borbottando e strattonando con le sue dita ghiacciate, smanioso d'aver tutta l'attenzione su di sé.
All'improvviso l'autunno s'è fatto più vicino all'inverno, mentre solo pochi giorni fa era ancora dalle parti dell'estate.
Come domenica scorsa: il sole brilla alto, l'aria è calda e la gente si gode il tepore sulla pelle. La giornata ideale per un giro in moto, anzi: IL giro in moto.
In famiglia abbiamo una tradizione: a fine estate percorriamo in moto tutto il giro del lago Maggiore. Risaliamo la sponda magra fino alla Svizzera e poi dalla Svizzera scendiamo lungo la sponda grassa. Senza fermarci (se non per mangiare), senza escursioni, né deviazioni. È il nostro modo per salutare la grande acqua prima che arrivi il freddo.
Dalle colline del Vergante scendiamo verso il lago, passiamo per Dormelletto, ci inseriamo sulla Strada del Sempione e attraversiamo Castelletto Ticino. Una volta qui c'erano solo campi e boschi, ora al posto degli alberi e dei fiori spuntano centri commerciali, cinema multisala, ristoranti e luoghi di divertimento, che si fronteggiano da una parte all'altra della strada.
Il ponte sul Ticino, che unisce il Piemonte alla Lombardia, m'infonde sempre un senso d'orgoglio: se guardo a sinistra, vedo il lago Maggiore restringersi tra spiagge e canneti; se guardo a destra, vedo il fiume Ticino che scorre placido verso sud. Qui, su queste due sponde, circa duemila e cinquecento anni fa sorgeva un grande centro - quasi una città - a capo di un vastissimo territorio, abitato da gente intraprendente. Ogni volta che attraverso il ponte sul Ticino, mi sembra che le distanze temporali non abbiano più senso.
A Sesto Calende svoltiamo a destra, sfioriamo il lungofiume, passiamo sotto il ponte e percorriamo la Strada di Santa Caterina. Da qui il lago non si vede, ma si intuisce dai numerosi campeggi. Ci vengono incontro vecchie case di campagna ristrutturate, con un fascino tutto particolare. Raggiungiamo Angera e prendiamo la Strada del Castello di Angera, che scorre lungo la costa: il mercato sul lungolago, i prati verdi, l'imbarcadero, e poi le villette a strapiombo sull'acqua. La strada ci riporta all'interno e ci ricongiungiamo con la Strada di Santa Caterina. Attraversiamo la campagna varesotta, il lago sempre nascosto alla nostra sinistra. Oltrepassiamo la via che porta al monastero di Santa Caterina del Sasso (che dà il nome alla strada) e continuiamo, finché a un certo punto incontriamo case più signorili, con decorazioni dipinte e dalle forme dolci del primo Novecento.
Siamo arrivati in un piccolo golfo soleggiato e a Laveno, la nostra prima tappa. Parcheggiamo vicino all'imbarcadero e andiamo in cerca di un locale in cui pranzare: sul lungolago si susseguono bar, ristoranti e pizzerie - bisogna solo aver la fortuna di trovare un tavolo libero. Ci sediamo e guardiamo il paesaggio: dall'altra parte del lago, di fronte, s'intravedono le cave di granito e il paese di Baveno, un po' più a destra l'Isola Madre e il promontorio di Pallanza, ancora più su Intra, collegata a Laveno dal traghetto.
Dopo pranzo, senza indugi, riprendiamo la strada. Il lago scintilla alla nostra sinistra, mentre attraversiamo gallerie e altri paesi. A volte la strada è bagnata da rivoli d'acqua, che scende in cascatelle dalle colline sulla nostra destra. Arriviamo a Luino, coi sui splendidi palazzi e il lungolago rifatto da poco in stile moderno. Non ci fermiamo, ma proseguiamo sulla Strada del Verbano Orientale, sempre più su, sempre più in alto, dove il lago si stringe e la sponda opposta sembra tanto vicina. Le colline hanno lasciato il posto alle montagne, il paesaggio si fa più chiuso e aspro.
A Zenna c'è la dogana ed entriamo in territorio svizzero. Lo stesso lago, ma un altro mondo: i cartelli stradali sono simili ma diversi, i dossi in strada sono preceduti da una linea di triangoli bianchi (cosa troppo intelligente), le strade sono più lisce e anche le case cambiano. Accanto a vecchie case di paese ristrutturate, spuntano tantissime villette in stile sfacciatamente moderno, con colori sgargianti e dal gusto discutibile. Tutte hanno in comune l'uso di appuntare sui muri il proprio nome.
Il lago si allarga, si restringe e si allarga di nuovo. Mentre seguiamo le indicazioni per Locarno, quasi non ci accorgiamo che è diventato come un grande stagno, da cui spuntano alberi e canneti. Stiamo percorrendo una strada in mezzo alla pianura, attraversiamo un ponte e... là sotto c'è il Ticino! Più ristretto di quanto siamo abituati a vederlo dalle nostre parti, fa un certo effetto.
Quando raggiungiamo Locarno, ci fermiamo per scattare un paio di foto e sgranchirci le gambe. Sembra una cittadina di mare, con turisti di ogni età seduti sulle panchine e sulle gradinate del lungolago.
Riprendiamo il viaggio, entriamo in autostrada e percorriamo una lunghissima galleria bollente. Sbuchiamo a Brissago e la prima cosa che vediamo sono le due isole lussureggianti tra lo scintillio dell'acqua. Da qui in poi la strada costeggia sempre il lago.
Rientrati in Italia, siamo sulla Strada del Lago Maggiore. Nei pressi di Cannobio si procede a senso alternato: le piogge fortissime di settimana scorsa hanno causato frane e allagamenti. Questa strada ci è amica, l'amiamo da sempre. Offre panorami bellissimi da una parte, case signorili e palazzi stupendi dall'altra. Cannobio, Cannero Riviera, Ghiffa, Verbania. Da Gravellona Toce continuiamo sulla Strada del Sempione: il golfo Borromeo con le sue isole gioiello, Baveno, Stresa, Belgirate, Lesa (qui ci fermiamo ad acquistare un sacchetto di caldarroste), Meina, Arona. Luoghi dell'anima - sono cresciuta con loro, li considero vecchi amici - non mi sazio mai di ammirarli.
Il profumo dolce e asprigno dell'osmanto si fonde con l'odore acre del legno bruciato. Ogni viaggio in moto è come un viaggio dei sensi. Sono tutta occhi, naso e corpo esposto al vento e ai movimenti dell'aria. Potessi scattare fotografie col solo battito delle ciglia, sarei felice. Potessi registrare i pensieri e le emozioni che sbocciano e fioriscono nella mia mente, lo sarei ancor di più.
Risaliamo sulle colline del Vergante, arriviamo a casa. Il cane ci corre incontro festoso. Ritiriamo la moto, ci togliamo caschi, guanti e giacche. Ma il sorriso soddisfatto continua a risplendere: la tradizione continua, nuovi ricordi si aggiungeranno ai vecchi.