venerdì 25 novembre 2016

Sul lungolago di Ispra, come in un libro d'immagini

È domenica, forse sta uscendo il sole. A distanza di quasi un anno, continuiamo la nostra passeggiata sul lungolago di Ispra: non più scogli bianchi e alte fornaci, ma porti, giardini e panchine.

Passeggiare sul lungolago di Ispra è come sfogliare un libro d'immagini: giri una pagina e ti ritrovi in un nuovo paesaggio, assapori una nuova atmosfera, provi nuove emozioni.

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Parcheggiamo dietro la chiesa di San Martino e prendiamo la scalinata che dal centro del paese porta direttamente al lago. Si chiama Ripa Solitaria: scalini in discesa, bagnati dalle recenti piogge e coperti da larghe foglie arancio (già mi vedo per terra!); a un tratto rimane solo la discesa, mi aggrappo al corrimano - che improvvisamente sparisce.
Giungiamo (indenni) sulla Strada dell'Amore e svoltiamo a sinistra verso il porto, pronti per iniziare la nostra passeggiata.

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Si gira pagina.
Su questo tratto di lungolago incontriamo una serie di panchine colorate (viola, giallo, arancio, turchese): se vuoi, puoi fermarti e giocarci a dama, scacchi, tris, battaglia navale, filetto! E subito penso ad altre panchine: di pietra, fuori dalle chiese, con lo stesso motivo del gioco del filetto inciso sulla superficie secoli fa - non tanto per divertirsi, quanto per intraprendere un viaggio spirituale...
Incontriamo porti e rivi, salici piangenti e rive erbose. Incontriamo tanti cani a spasso con le loro famiglie. Incontriamo tanti bidoni (non cestini, bidoni) della spazzatura e cartelli che segnalano dove ci troviamo e dove potremmo andare se solo volessimo.

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Di nuovo, si volta pagina.
Davanti a noi un nastro di ghiaia si svolge tra cespugli di bacche. Oltre il muretto una breve spiaggia, un canneto piumato e, infine, il lago. Seguiamo il percorso fino in fondo, contro il muro di cinta di Villa Quassa: siamo arrivati a Ranco. Qui due possibilità: giù a destra o su a sinistra.

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Svoltiamo a destra, rasentiamo il muro verso il lago e ci troviamo in una nuova pagina.
Nessun sentiero, solo un piede di cemento alla base del muro, qualche scoglio nero, una spiaggia di conchiglie, un gruppo di gabbiani e due cigni.

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Torniamo indietro, prendiamo la stradina in salita, chiusa da due muri umidi e sbuchiamo... in un'altra pagina! 
A tutto campo l'entrata monumentale di Villa Quassa e, sul fianco, il sentiero che conduce al Parco del Golfo della Quassa.

Chiudiamo il libro, per ora.

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giovedì 17 novembre 2016

Milano di corsa

Dove vanno a finire i milanesi la domenica? 
Me lo chiedo mentre attraverso di corsa Piazza della Repubblica. Il lavoro mi porta a Milano nel fine settimana: ci arrivo presto e ne parto tardi, ogni volta a orari diversi e con treni diversi.
Le stazioni sono sempre piene, la stessa gente impegnata a cercare binari, amici, informazioni. Quando esco all'aria aperta, ho gli occhi golosi d'assaporare novità.

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Mi piace camminare in città, la mattina filtra tra le gocce di pioggia, la gente di sabato è ancora veloce, puntata verso gli impegni di lavoro, non si ferma, non guarda, parla al telefono, ascolta la musica, cammina persa nei pensieri verso gli obiettivi del giorno.

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Di domenica, invece, rimangono solo i viaggiatori: con le valigie su rotelle percorrono la  mia stessa strada al contrario. Qualcuno si ferma e mi chiede dov'è la stazione, poi mi sorride in spagnolo, francese e inglese. 
Ma i milanesi, dove sono? Li vedo correre infilati in tutine lucide e attillate, sudano concentrati, senza nulla negli occhi e la musica nelle orecchie. Corrono sui marciapiedi di città accanto alle macchine e ai tram. Li vedo trasportare sacche sportive, inseguiti da figli ciarlieri ed eccitati per l'imminente gara (calcio? Equitazione? Pallacanestro? Judo?) in cerca della macchina parcheggiata qualche isolato più in là.

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Li vedo sdraiati sotto i portici, circondati da borsoni, avvolti in bozzoli di coperte e cartoni. Si preparano un caffè, fumano la prima sigaretta, ripiegano e mettono via i propri averi, non parlano e non mi vedono. Forse non sono milanesi o forse sì.

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Il buio della sera addolcisce le strade e nasconde gli inganni, a tal punto che per entrare in stazione attraverso un ingresso "privato" (puzza di urina, corpi barcollanti, qualche folle risata, brontolii persi): giuro di non farlo mai più. Arrivo al binario, salgo sul treno e in mezzo ad altri viaggiatori continuo a farmi la stessa domanda: dove vanno a finire i milanesi la domenica? 
Forse da noi, al lago. Forse rimangono a casa, finalmente fermi. Forse visitano mostre, musei, gallerie o si perdono nel bagliore dei negozi. 
Non lo so, e da questo mi accorgo quanto io non sia cittadina.

Buon vento

giovedì 20 ottobre 2016

Arcumeggia, il paese degli affrescatori popolari

Una domenica mattina.
Gli dico: "Ci pensi tu?" Mi dice: "Ci penso io." Gli dico: "Dunque?" Mi dice: "Dunque ti porto ad Arcumeggia."

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Arcumeggia è una frazione di Casalzuigno, si trova in Valcuvia, nel Varesotto, ed è famosa per i suoi muri d'autore. 
La sua storia è fiabesca: negli anni Cinquanta il paese giace quasi disabitato, destinato a scomparire dalla memoria, finché delle persone illuminate, armate di cultura, ingaggiano una battaglia contro l'inevitabile abbandono dei luoghi montani, e vincono. Così Arcumeggia riprende vita, vigore e colore: ospita una scuola di pittura tenuta dagli artisti più noti e una mostra permanente a cielo aperto con le opere di maestri e allievi, le cui tele sono i muri stessi delle case. 

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Lui è il Bocc, cioè il caprone.
Ha vissuto a lungo da queste parti, tanto da diventarne simbolo dell'economia montana.

Ed eccoci in moto verso Arcumeggia: costeggiamo le rive lombarde del Lago Maggiore, alla casa ricoperta d'edera svoltiamo verso la chiesa romanica di Brebbia, attraversiamo il centro di Besozzo, salutiamo la maestosa Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno, lasciamo la strada principale e saliamo verso la piccola frazione. Dopo quattordici tornanti, ci siamo.

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Il parcheggio è dietro la fermata dell'autobus, di fronte alla casa che ospita la Pro Loco. Entriamo qui, chiediamo informazioni per seguire il percorso dei muri d'autore e ci consegnano una mappa e un cubetto-audioguida. 
Dopo un pranzo veloce sotto gli alberi, inizia la nostra passeggiata guidata alla scoperta di questo piccolo gioiello.

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Saliamo per scale di pietra, entriamo in cortili privati (sfidando cani al sole - guardiani indomabili) e osserviamo la bellezza dell'arte e della natura legate assieme. Si sale e si scende, si legge, si ascolta e si cerca, mentre gli abitanti di quei cortili preparano le valigie (domani inizia la scuola), si danno l'arrivederci alla prossima estate, mostrano i lavori di ristrutturazione nella casa dei nonni, si riposano al tepore che entra dalle finestre.
È un paese vivo all'ennesima potenza: nei suoi ricordi, nel passato contadino, nei suoi abitanti, nella curiosità dei visitatori (nessuno di quelli incontrati parla italiano), nella natura montana, nei suoi muri d'autore che continuano a raccontare la loro storia.

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Buon vento, colorato e illuminato

giovedì 13 ottobre 2016

Roma, dove il (mio) passato s'incontra con il presente

Roma, venerdì 7 ottobre

Siamo partiti una mattina freddissima, molto prima che l'alba mostrasse i lineamenti del paesaggio. Due persone, due bagagli, due destinazioni importanti: il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini all'Eur e la Città dell'Altra Economia al Testaccio. 
Rappresentano il mio passato e il mio presente, assieme s'intrecciano e danno forma al mio futuro.

Arriviamo a Roma poco dopo l'acquazzone: pozzanghere immense obliterano i marciapiedi, mentre, con i bagagli al seguito, raggiungiamo il museo Pigorini.
Quindici anni fa, nel laboratorio di Paletnologia, ho disegnato i materiali della Collezione Quaglia per la mia tesi. Oggi incontro chi mi ha seguito in quei giorni e mi ha insegnato con pazienza e gentilezza a "fare l'archeologa". Nulla è cambiato: i miei ricordi riconoscono i luoghi, i volti, le voci e le personalità di chi ho frequentato per settimane.
In realtà tante cose sono cambiate: ora fa parte del Museo delle Antichità, assieme al Museo Nazionale d'Arte Orientale Giuseppe Tucci, il Museo Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari e il Museo Nazionale dell'Alto Medioevo, e le recenti riforme ne hanno mutato la "geografia" interna.
Ricordo l'orgoglio di lavorare in questo grande e importante museo: fondato nell'Ottocento - il secolo della nascita dei primi musei archeologici in Italia e nel resto d'Europa - dal combattivo e lungimirante archeologo emiliano Luigi Pigorini col nome di Museo Preistorico, Etnografico e Kircheriano di Roma, diventa subito uno dei punti di riferimento dell'archeologia preistorica italiana e europea.
Ricordo la felicità di fare ricerche in biblioteca, negli archivi epistolari del Pigorini, di ricostruire un pezzetto di storia. Di sentirmi di nuovo bambina davanti alla Storia.

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Percorriamo le sale del museo preistorico in una visita guidata speciale: dalle origini dell'umanità al Neolitico e, infine, alle età dei metalli. Nella vetrina dedicata alle civiltà dell'età del Ferro, riconosco alcuni reperti della "mia" collezione: è come se, in mezzo a quegli oggetti carichi di storia, ci sia pure un pizzico di me e della mia storia ancora giovane.

Sono felice di essere tornata, di aver ritrovato studiosi indomiti e capaci di lavorare sempre con passione (nonostante la vita reale), di essere stata accolta con calore e con la prospettiva di nuovi progetti.
Sono felice, anche, di aver mostrato a mio marito una parte di quel mondo che ho tanto amato - e ancora amo.

E poi, via, ci spostiamo verso la Città dell'Altra Economia, verso una nuova avventura!

giovedì 6 ottobre 2016

Il lungolago di Pettenasco è una mostra di quadri viventi

C'è una foto che mi torna spesso in mente. Ero a Spello con amici, tanti anni fa; io vedevo scorci bellissimi e li fotografavo, loro, frequentatori del luogo, non li notavano nemmeno.
Quella foto mi torna in mente ogni volta che visito luoghi conosciuti - o che dovrei conoscere: quel gusto della scoperta e lo stupore per i dettagli c'è ancora. 

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La passeggiata di domenica scorsa ci porta a Pettenasco, sulla riva orientale del lago d'Orta. Non ci siamo mai stati (abbiamo un debole per il Lago Maggiore) e non vediamo l'ora di percorrere il lungolago: ne parlano tutti bene.
La strada provinciale attraversa il paese in pochi minuti, tagliandolo in due: da una parte il grande albergo, la chiesa d'origine medievale e qualche villetta a schiera, dall'altra negozi e case di paese. La stazione in alto e il lungolago in basso sono nascosti, bisogna proprio cercarli.
Parcheggiamo vicino alla chiesa e scendiamo verso il lago: un parco giochi dove sostiamo per un giro di carezze di bimbi al Baldo, un campo da tennis nascosto dagli alberi, ricche ville, giardini invitanti, una festa di fine estate e, infine, al termine della via c'è Riva Pisola, con l'imbarcadero della Navigazione e un bivio. A destra si va verso la passeggiata a lago tratto nord, a sinistra verso la passeggiata a lago tratto sud. Svoltiamo a destra.


La passeggiata si snoda tra le ville e le loro darsene, ogni tanto si aprono degli spiazzi erbosi - le ripe - con panchine, sculture moderne e pontili di legno che si protendono verso l'acqua e l'infinito. Ogni ripa è un piccolo gioiello, le vedute sul lago sono come quadri viventi, con lo sciabordio delle onde e i gabbiani che s'inseguono. 
Alla fine del lungolago non torniamo indietro sui nostri passi, ma svoltiamo a destra e saliamo lungo una via e poi ancora a destra - vecchie case già locande, antiche ville abbandonate in un caos di piante e rovi, altre ristrutturate e vissute - fino a ritrovarci alla chiesa e più giù al bivio di prima. Svoltiamo a sinistra.

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Si sfiorano case moderne, un bar invitante, una casa in costruzione, una ripa con pescatori e qui, all'altezza di una fontana e una panchina, inizia la passeggiata a lago tratto sud. 
Un sentiero si snoda tra altre ville e la sponda del lago. Una scaletta di pietra scende a una passeggiata più stretta, riparata da un pergolato - un rifugio per innamorati; poi un ponticello, poi un altro, e tra i due si apre uno spiazzo con due divani di pietra, alle spalle un parco giochi e lunghi tavoli sotto le fronde degli alberi. Ci spingiamo più in là, oltre il campeggio, fino a un'altra ripa sabbiosa, dove un'enorme fionda di pietra invita a volare.

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Il lungolago è davvero un gioiello, curato in ogni minimo dettaglio per godersi la passeggiata: dagli scorci "artistici" sul paesaggio, alle tante soste per ammirare, fino all'abbondanza di cestini per rifiuti - un'accortezza molto gradita a chi è solito "girare in giro" coi propri cani.

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Torniamo indietro, risaliamo al parcheggio e ci ripromettiamo di tornare: nelle mezze stagioni, però, quando i turisti sono pochi e si può fingere che il lago ci appartenga.

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Buon vento

giovedì 22 settembre 2016

A Santa Maria Maggiore tra profumi e proverbi

Di Santa Maria Maggiore mi son proprio presa una cotta. Certo, la conoscevo e c'ero già stata altre volte, ma è successo un po' come a quelle vecchie coppie di amici, che dopo tanti anni scoprono di amarsi e non si lasciano più. Non so cosa sarà di noi, ma di sicuro quella domenica l'ho vista con occhi nuovi e mi ha fatto battere il cuore.

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Ci siamo andati per curiosare nella Casa del Profumo (inaugurata a luglio e dedicata all'Aqua Mirabilis, cioè l'Acqua di Colonia, ideata e lanciata sul mercato da due emigranti vigezzini) e prendere un po' di fresco.

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Raggiungere Santa Maria Maggiore è facile: percorriamo la A26 (che diventa superstrada dopo Gravellona Toce, sempre sferzata da un forte vento), una via in salita per entrare in Valle Vigezzo, un paio di gallerie e un ponte, e ci siamo. Parcheggiamo la moto, ci togliamo le protezioni ed entriamo in paese.

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Quanti colori, quanta gente! C'è una gara di corsa e un bambino incita tutti i corridori con grida di incoraggiamento. Poco più in là, andando verso il Municipio, entriamo nell'edificio della vecchia scuola che ora accoglie le sale del nuovo polo museale. Facciamo un giro nel giardino, entriamo nella serra, cerchiamo d'indovinare le piante nelle aiuole, annusiamo, osserviamo. Un posto incantevole.

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Qui scopriamo che esiste una mostra all'aperto per le vie del paese, si chiama Proverbiology. Sempre più incuriositi, prendiamo la mappa e seguiamo il percorso. 
Non mi sono mai divertita così tanto!

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Quando pranziamo, all'ombra degli alberi del parco comunale e di fronte alle sagome degli spazzacamini (proprio sopra al Museo dello Spazzacamino), mi rendo conto che qui passerei volentieri le mie estati: il fresco, la vivacità, l'accoglienza, la cultura (ci sono corsi interessantissimi alla Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini), i colori mi fanno sentire bene.
Continuo a pensarci per tutto il viaggio di ritorno, e i giorni seguenti, e pure adesso.
Eh, sì, mi son proprio presa una cotta.

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Buon vento

giovedì 15 settembre 2016

La mia estate

La mia estate è iniziata ad agosto, ed è iniziata bene: sono ritornata in sella!
E così, montiamo la borsa laterale per far spazio a due giacche e a due caschi, indossiamo le protezioni, accendiamo l'interfono e si parte: iniziano i giri in moto della domenica.
Giri tranquilli, per testare la mia resistenza e godere del piacere di essere in moto di nuovo assieme.

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L'Isolino di San Giovani visto da Verbania-Pallanza in una calda mattina di mezza estate.

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Il Golfo Borromeo con l'Isola Bella visto da Santa Caterina del Sasso

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Una mattina divertente e serena a Santa Maria Maggiore, in Val Vigezzo.

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Un salto all'Indie Market di Casa Bossi, che ci ripara dall'afa di Novara.

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Tra le vie dipinte di Arcumeggia, in un giorno di fine estate.

Buon vento e che l'autunno sia altrettanto dolce!

giovedì 14 luglio 2016

L'estate, infine

Tu non hai voglia di vacanze? Io sì, tantissimo!
L'altro giorno scrivevo:
Ebbene, ho voglia di andare al mare. Non toccata e fuga, non una gita, non un fine settimana. Ho voglia di andare al mare da oggi fino a settembre.
Avere la pelle che sa di sale, il segno bianco del costume, nelle narici il profumo della crema solare al cocco e negli occhi la bellezza dei tramonti.
Vivere in quell'atmosfera pacata, sospesa, lenta, confortante, piena di sorprese e di sicurezze.
Torno a lavorare.

Le passeggiate, i giri in moto, le gite in luoghi più o meno vicini sono sempre meno, quest'anno: una conseguenza di quel "torno a lavorare" ripetuto a ritmi serrati. Intanto l'estate avanza con passo leggero e si posa in questa parte di mondo: tra caldi, zanzare e rombi di tuono è arrivata, infine.

Mi piace il mio lavoro e lavorare in estate mi piace, ma non quest'anno: quest'anno sogno le vacanze.
Sogno le vacanze vere, quelle ovunque-ma-non-qui: al mare soprattutto, ma anche in montagna, in collina, al lago, sul fiume, in città - che sia ovunque, e altrove. Perché le vere vacanze sono la libertà da ciò che è fin troppo usuale.

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Svegliarmi con la luce naturale, i rumori del giorno nuovo, decidere di sonnecchiare ancora un po', indugiare su una lunga colazione in terrazza, mentre il vento sfoglia il libro e i miei occhi si perdono nel blu dell'orizzonte. L'atmosfera sospesa, la curiosità paziente, il già visto e vissuto, la sicurezza di un tempo ben speso, di sapori e profumi e luci indelebili. Le sere buie a guardare le stelle e la luna, grande e maestosa, che canta dolci ninnananne.

Ho bisogno di silenzi naturali, di lunghi riposi, di servire il mio corpo e spegnere le luci intermittenti (e insistenti) della mia mente.
Calma. Tranquillità. Gioia. Riposo. Serenità. Divertimento.
Se chiudo gli occhi, posso leggerle, queste parole, scritte all'interno delle mie palpebre.
Se chiudo gli occhi, posso sentirle, queste parole, premere per sbocciare in fiori gentili e vivaci, lì, al centro del mio essere.

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Invece, rimarrò a casa (ancora una volta) e non lavorerò (per la prima volta): vivere in un luogo turistico, in fondo, ha i suoi vantaggi, la bellezza è davanti agli occhi e non c'è bisogno di andare lontano.
Per fingermi turista, faccio incetta di notizie d'eventi: un concerto rock alla Rocca di Arona, una festa country a Stresa, la festa della birra artigianale a Colazza, una mostra formidabile a Stresa,  un po' di cibo da strada ad Angera. E cercherò di non pensare che è solo una finzione.

Buon vento e buone vacanze

giovedì 16 giugno 2016

Ciao, Maggio

Ciao, Maggio. Volato via in una folata di vento, tra un acquazzone e mille starnuti.
Ti ho tenuto nel mio cuore come la brace nel camino, per scaldarmi nelle giornate faticose, per ricordarmi che là, a metà anno, ci saresti stato tu ad allietarmi. Bastava un soffio e il bagliore rosso si sarebbe trasformato in un fuoco caldo e lucente.
Maggio, eri il premio che aspettavo da tanto: una vacanza in solitaria tra Ravenna e Cesena, per incontrare amiche, conoscerne di nuove, rifocillarmi di bellezza e fare un tuffo nella storia.
Già immaginavo fotografie, pagine del diario fitte di emozioni, scoperte straordinarie e del tutto inaspettate, le onde del mare e i gabbiani, le biciclette. Ti coccolavo come fossi un cucciolo da proteggere.
Avrei dovuto metterci più impegno, perché tutto è saltato: niente vacanza, niente bellezza, niente ricarica emotiva, niente racconti. Solo tanta tristezza e, poi, una pietra sopra.

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Si ricomincia da capo: giugno porta fiori, brevi passeggiate, un poco di sole, l'affetto della famiglia e degli amici. Una nuova meta (Roma, di nuovo, a ottobre) e una meta promessa (Ravenna e Cesena, chissà?, in inverno).
Mi preparo.

Buon vento

venerdì 29 aprile 2016

Un invito in Casa Bossi a Novara

Ci sono luoghi che conosci solo di nome e forse di fama: quando ti invitano a visitarli, la curiosità supera ogni barriera e ti predispone a qualsiasi tipo di scoperta.

È la mattina tiepida di un sabato marzolino, lascio le sponde del lago, attraverso le colline novaresi - quelle del buon vino - le risaie ancora asciutte (ma per poco) e giungo in città, sotto gli occhi della cupola di San Gaudenzio.
Novara è una città bella, con la storia scritta tra le vie e sui palazzi, a pochi passi da Milano - milanese nell'anima e piemontese di fatto. Una città piccola a cui non manca nulla, costruita su di una collina nel mezzo della pianura, tra torrenti e canali, risorgive e risaie - una città sull'acqua.
Vado a Novara per visitare Casa Bossi, il più bel palazzo neoclassico d'Italia, invitata dal Comitato d'Amore Casa Bossi.

Come sempre, quando visito una città, passo dopo passo costruisco una mappa mentale dei luoghi visitati. Questa è la mappa mentale di Novara:


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In Casa Bossi è come entrare nella mente di Alessandro Antonelli, quel genio del neoclassicismo (ti ricordi la Fetta di Polenta?): mi sembra di seguire i suoi pensieri, l'incedere del suo progetto, l'evolvere delle idee; quasi sento il tono della sua voce mentale, tra il buio freddo dell'ingresso e le nuvole di sole del cortile. Mi vien facile, perché c'è Franco Bordino, architetto e studioso dell'Antonelli, a raccontarci dei suoi pensieri, del suo progetto e delle sue idee.

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In equilibrio sotto la cupola verso Cassa Bossi

La storia di questa dimora la rende ancora più affascinante. Prima era un palazzo barocco della Contrada Sant'Agata, poi diventa un palazzo neoclassico all'ultima moda. È il 1857 e il suo nuovo proprietario, Luigi Desanti, è un ricco possidente corso, poco conosciuto da queste parti, ma intenzionato a far parlar di sé: sceglie una casa vicina alla basilica di San Gaudenzio (e alla sua futura strepitosa cupola) e per ristrutturarla vuole l'architetto più in voga (e più discusso) del momento.

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È permesso?

L'Antonelli accetta e fa la sua magia: ritmi che fluiscono dalla facciata agli interni, scanditi da pilastri portanti e pareti di mattoni - una scansione modulare visibile ovunque, dentro e fuori; una tecnica costruttiva all'avanguardia, che precorre l'uso del cemento armato. E poi l'attenzione ai particolari, per rendere ogni spazio comodo agli umani, agli animali (le stalle sono un esempio), a chi lavora e a chi si riposa. Una casa unica.

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I mattoni fan capolino

Quando il Desanti muore, il palazzo passa alle figlie e, infine, nel 1880 al Cavalier Carlo Bossi del Contado novarese - da cui prende il nome. Poi c'è la storia: le comodità tecnologiche, il nuovo secolo, la nuova cultura in città, il Futurismo e oltre.

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In cortile, sotto la cupola

Nel 1951 il figlio Ettore Bossi la lascia in eredità al Civico Istituto Dominioni. Passa un secolo dalla sua costruzione e Casa Bossi cade in rovina. Nel 1980 La Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte la sottopone al vincolo monumentale e storico-artistico e nel 1990 diventa proprietà del Comune.

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Piovono novità

Finché un gruppo di cittadini sensibili e coraggiosi prende in mano la situazione e crea il Comitato d'amore per la Casa Bossi: per promuoverne la conoscenza, lo studio e la divulgazione, e per far sì che questo monumento diventi un punto di riferimento per eventi, esperienze di fruizione e sperimentazione di iniziative.
Oggi al piano terra di Casa Bossi tornano le voci, lo scapiccio, l'impegno delle persone. Casa Bossi si riempie di vita, di cultura, storia, innovazione, passione, arte, artigianato, curiosità.

Buon vento, e che sia un vento di lungimiranza


Per saperne di più inizia da qui

Comitato d'amore Casa Bossi, a cura di, Un simbolo di Novara da salvare. Casa Bossi, Novara 2010
www.casabossinovara.com
 
 

giovedì 14 aprile 2016

C'è trambusto nel mondo delle guide turistiche

Prima esistevano le guide turistiche locali: il legame col territorio era stretto, ma subordinato ai confini amministrativi.

Per esempio, se volevi fare assieme ai tuoi amici una visita guidata del Lago Maggiore, funzionava più o meno così: ad Arona, sulla sponda piemontese, incontravate una guida turistica abilitata per la Provincia di Novara che vi mostrava le bellezze locali fino a Lesa (ultimo paese lacustre del Novarese); a Belgirate (primo paese lacustre del Verbano Cusio Ossola, detto con affetto VCO) vi prendeva in consegna una guida turistica abilitata per la Provincia di Verbania che vi mostrava le bellezze locali - comprese le famose Isole Borromee - fino al confine con la Svizzera. Anzi, sicuramente vi mostrava le bellezze anche di Ascona e Locarno, perché in Svizzera non ci sono mai stati limiti. Subito dopo la Svizzera, arrivati sulla sponda lombarda, invontravate la guida turistica abilitata per la Provincia di Varese che vi mostrava le bellezze locali fino a Sesto Calende (ultimo paese fluvio-lacustre del Varesotto).
N.B. Molte guide turistiche delle due province piemontesi, per non perdere clienti e lavoro, hanno preso entrambe le abilitazioni professionali.


A un certo punto (non ricordo bene quando) le guide turisitche del Piemonte sono diventate guide turistiche locali allargate: hanno scoperto, cioè, che i confini provinciali potevano essere superati e si poteva esercitare la professione anche in altre province piemontesi, purché il giro turistico iniziasse e finisse nella propria provincia di abilitazione.

Per esempio, se volevi fare assieme ai tuoi amici una visita guidata della sponda piemontese del Lago Maggiore, funzionava più o meno così: ad Arona incontravate una guida turisitca abilitata per la Provincia di Novara che vi mostrava le bellezze del territorio anche oltre il confine amministrativo tra Novarese e VCO; con lei risalivate la sponda piemontese del lago e poi tornavate ad Arona a fine giro turistico. Volevate andare anche sulla sponda Lombarda? Domani, con una guida turistica abilitata per la Provincia di Varese - che è meglio.
Gira un po' la testa, vero?

Dopo esistono solo le guide turistiche italiane nazionali: abbattuti i confini limitanti di province e regioni, chiunque con qualunque abilitazione professionale (n.d.r. di guida turistica, ovvio!) può esercitare ovunque. In Italia e in ogni paese europeo: lo vuole l'Unione Europea e l'Italia non può più fare a meno di obbedire.

Per esempio, se vuoi fare di nuovo assieme ai soliti amici una visita guidata del Lago Maggiore, funziona più o meno così: puoi scegliere la tua guida turistica preferita (anche abilitata in Toscana o in Germania - ma ti consiglio sempre una locale, di sicuro conosce il territorio meglio delle altre) che ti mostra le bellezze locali di tutto il Lago Maggiore e, se vuoi, anche di Milano e Torino.  
Non ci sono più confini, finalmente.

Ma il timore di una concorrenza così ampia (non solo le guide turistiche abilitate di tutta Italia e di tutta Europa, ma anche una quantità, direi continentale, di abusivi a piede libero) rende le guide turistiche nazionali irrequiete. Si pensa di limitare i danni istituendo dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico. E questa idea diventa infine un decreto ministeriale: più di tremila siti (3187, per la precisione, di cui ventitre nella Provincia di Novara e diciotto nella Provincia di Verbania e sedici in Provincia di Varese)

Ora, con un nuovo decreto ministeriale, diventano guide turistiche nazionali con riserva. Perché, da qui a un anno dalla sua pubblicazione, le guide turistiche possono svolgere la loro professione ovunque in Italia e in Europa, ma solo nei siti d'interesse particolare storico, artistico o archeologico delle provincie apparteneneti alla Regione per cui sono abilitate.

Per esempio, se vuoi ancora fare quella visita guidata del Lago Maggiore, funzionerebbe più o meno così: puoi scegliere la tua guida turistica preferita (vedi sopra) che ti mostra le bellezze locali di tutto il Lago Maggiore, ma se vuoi visitare i siti di particolare interesse storico, artistico e archeologico hai bisogno di una guida abilitata in una delle province del Piemonte.

E poi? Poi, a quanto pare ci saranno guide turistiche nazionali generiche e guide turistiche nazionali specializzate per i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico. Insomma, le guide turistiche nazionali potranno davvero lavorare su tutto il territorio italiano solo superando un esame. Un esame per ogni regione o provincia in cui vorranno lavorare. Certo, compresa quella per cui sono già abilitate.

C'è trambusto nel mondo delle guide turistiche - un mondo che ha qualcosa di medievale, che vive nel ricordo dei tempi che furono, talmente impegnato a difendersi contro nemici provenienti da ogni dove (le nuove guide turistiche del territorio, le nuove e vecchie guide turistiche di tutt'Italia, le nuove e vecchie guide turistiche di tutta Europa, le illimitate orde di abusivi) da perdere il tram per il futuro il presente.
Gli abusivi se la ridono di gusto - il gusto di chi sa come raggirare le leggi, il fisco, le attenzioni di chi dovrebbe far valere norme e gabelle. Ora come allora.
I travel blogger, più o meno ignari di tutto ciò, procedono verso il futuro.

Buon vento

Una storia, tante leggi

La L 135/2001 è la legge quadro nazionale che disciplina la professione della guida turistica.
Il D. Lgs. 79/2011 è il Codice del Turismo emanato dallo Stato.
La L 97/2013 adegua la legislazione turistica italiana alle disposizioni dell'Unione europea relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. 
Il DM 7 aprile 2015 individua i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica.
Il DM 11 dicembre 2015 individua i requisiti necessari per l'abilitazione allo svolgimento della professione di guida turistica e indica il procedimento di rilascio dell'abilitazione.

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