venerdì 25 agosto 2017

In viaggio (torno presto).

Sono in viaggio.
Un viaggio lungo, inaspettato, travolgente mi ha rapita e portata... dove? Attraverso il vecchio continente o la culla delle prime civilt? Verso pianeti lontani e galassie inesplorate?

Nulla di tutto ciò: mi ha portata attraverso mille progetti di lavoro, mille impegni quotidiani, mille nuove emergenze; verso pensieri distanti, bisogni ravvicinati e desideri inesplorati.
Non sto mai ferma, pur rimanendo qui.

Ogni viaggio ha un inizio, una durata e una fine. Spero di giungere presto alla fine di questo, ché ho voglia di raccontarti storie di luoghi, condividere nuove passeggiate e giri in moto, presentarti personaggi speciali.
Aspettami: il tempo di disfare la valigia e arrivo!

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venerdì 11 agosto 2017

In moto: su per il passo della Colma e giù per la Cremosina

In archivio trovo questo ricordo. Risale all'inizio di giugno, a quei giorni di rientro "forzato" dalle vacanze al mare.

La prima cosa che sento è il profumo della pioggia che fu. Sa di terra ubertosa e di boschi che crescono rigogliosi.
Di boschi ne attraversiamo molti, qui su queste colline che separano il lago d'Orta dalla Valsesia: verdi, frondosi e freschi - perfetti per un giro in moto in un giorno caldo di fine primavera.

Non è ancora estate, ma fa caldo. Partiamo di mattina presto, quando l'aria è ancora fresca: torniamo a casa dopo giorni di passeggiate e abbiamo voglia di un bel giro in moto. La meta è un pretesto per salire in sella e sentirsi liberi: andiamo a Varallo Sesia, città della Valsesia, del primo Sacro Monte (realizzato nel Quattrocento) e di Gaudenzio Ferrari, l'artista che portò il Rinascimento nell'alto Piemonte da Roma.

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Ci sono due strade che uniscono il lago d'Orta alla Valsesia: il passo della Colma, che da Arola arriva a Civiasco e subito dopo a Varallo Sesia, e la Cremosina, che collega con dolcezza Pogno e Quarona. Due strade diverse che attraversano i boschi di tre province: Novara, Verbania e Vercelli, nell'alto Piemonte orientale.

Sulla carta le distanze sembrano lunghe, in moto invece tutto si fa più vicino e fluido.
La strada provinciale 88 della Colma: fatta di tornanti, pura gioia per i motociclisti, sale e scende tra pareti e picchi di roccia rivestiti di verde. Si trova in alto, in un punto più collinare - si sente e vede bene.
La strada provinciale 45 della Cremosina: un nastro che si dipana con dolcezza, curve morbide, lievi salite e lievi discese. Si trova in basso, in un punto più pianeggiante: Più veloce, più immediata, ma sempre ricca di particolari.

Un giro in moto ci voleva, uno di quelli che regalano pace e riordinano i sentimenti.

venerdì 4 agosto 2017

Tre laghi in tre giorni

Abbiamo avuto ospiti, un fine settimana di luglio. Tre giorni per visitare le nostre bellezze, ma senza correre.

Mi piace mostrare qualcosa che sia legato da un filo conduttore, perché chi passa di qui per la prima volta se ne innamori e non lo scordi più.
Il filo conduttore è stato il lago. Non lo stesso lago, bensì un lago diverso per ogni giorno di visita: venerdì il Lago Maggiore, sabato il lago di Mergozzo e domenica il lago d'Orta.


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È venerdì sera, il cielo è limpido e l'aria si sta rinfrescando. Il posto migliore (e più vicino a casa nostra) per guardare il Lago Maggiore dall'alto è la Rocca di Arona. Dal belvedere si notano le coste piemontese e lombarda che si avvicinano per poi separarsi, si distingue il candore dell'Eremo di Santa Caterina e s'immagina il Golfo Borromeo che si apre, lassù, con le sue preziose isole. Qualche altro passo e si rimane estasiati ad ammirare i tetti rossi di Arona, le scie blu tra le onde e, laggiù, il lago che si restringe e lascia il posto al fiume Ticino.


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È sabato sera, poco prima del tramonto: il momento giusto per assistere allo spettacolo di colori sull'acqua. Il lago di Mergozzo è piccolo, dalle acque scure (ma è solo il riflesso degli alberi circostanti), sembra quasi una piscina naturale: c'è chi nuota, chi si tuffa dalle rocce, chi pagaia. L'acqua è pulita: non c'è alcuna imbarcazione a motore, né alcuno scarico inquinante. A un'estremità si affaccia il paese di Mergozzo, all'altra un piccolo canale lo collega al Lago Maggiore; tutto intorno il Montorfano e gli inizi della Val Grande.


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Domenica mattina lasciamo che i nostri ospiti si godano l'atmosfera del lago d'Orta in solitaria. Dalle sponde di Orta San Giulio, lungo la passeggiata che ben conosciamo, per lasciarsi rapire gli occhi e la mente da ville - tra cui spicca Villa Crespi con il suo minareto turchese e gli illustri proprietari -, le onde, l'isola di San Giulio, le piazze, i cortili e le terrazze affacciati sull'acqua. E poi su, oltre la chiesa in cima alla scalinata, sulla strada che porta al Sacro Monte dedicato a San Francesco.



Il Lago Maggiore ai quattro venti:
Il Lago Maggiore + pillole di... (scaricabile)
Il giro del Lago Maggiore in moto: la tradizione continua + itinerario (scaricabile)

Il lago d'Orta ai quattro venti:
La passeggiata sul lungolago di Orta San Giulio + quattropassi a... (scaricabile)
Il giro del lago d'Orta in moto + itinerario (scaricabile)

lunedì 15 maggio 2017

I santi di ghiaccio

"A mezzo maggio, coda dell'inverno."
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Quanto mi piace questa commistione tra numeri e santi dei giorni! 
Me li vedo, questi personaggi, con manti brillanti di cristalli e la brina sui baffi, avanzare con passo solenne nel bel mezzo della primavera. Tra le mani portano cubetti di ghiaccio su cui soffiano per raffreddare i giorni: portano il freddo invernale nel cuore della stagione più dolce.

In questi giorni il cielo è grigio, il vento è bizzarro, la pioggia assidua compagna. 
Cosa che avviene, però, dall'inizio del mese. 
Può capitare che in un giorno ci sia neve, pioggia, freddo, vento, schiarite, sole intenso e caldo, finalmente. 
Tutto è effimero, tutto è di passaggio: rimaniamo col naso all'insù e vediamo cosa accade.

venerdì 12 maggio 2017

Tutto il mondo nei giardini botanici di Villa Taranto

Era una calda domenica di aprile e siamo andati ai giardini botanici di Villa Taranto per perderci nel labirinto di tulipani.

Villa Taranto si trova a Verbania, in un angolo del Lago Maggiore fortunato e baciato dal sole: dalla sponda pian piano sale verso verso la collina del Castagnola, in un tripudio di colori, profumi e suggestive visioni.

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Siamo in tre, due bipedi e un quadrupede: parcheggiamo sul lungolago {}, entriamo e paghiamo l'ingresso. Assieme ai biglietti ci consegnano una mappa, perché il parco è grande, la via principale intersecata da sentieri secondari, le occasioni per perdersi a rimirare innumerevoli.

È la stagione dei tulipani e delle camelie, ancora per pochi giorni e sfioriranno. Nel frattempo si aprono i calici dei rododendri e delle azalee. Per le ortensie, invece, c'è ancora da aspettare.


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Seguiamo la mappa, a ogni numero segnato corrisponde un'area del parco e un numero tridimensionale che segna la via da percorrere. Il viale di conifere; la valletta delle felci; il giardino all'italiana con la fontana dei putti; il labirinto dei tulipani (e tra qualche settimana delle dalie); la serra e i giardini verticali; il mausoleo del Capitano Neil Boyd Mc Eacharn, proprietario e ideatore; il viale degli aceri; il grande castagno secolare (ha quattrocento anni!) da cui spuntano rami di rododendri; il bosco dei rododendri e quello delle magnolie; la valletta attraversata dal ponte; la villa vera e propria, dimora del Capitano dal 1931 e ora sede della prefettura di Verbania; i giardini terrazzati con le cascatelle, i giochi d'acqua e il giovane pescatore che dirige gli schizzi; le vasche dei fior di loto e delle ninfee; il viale delle personalità (un albero piantato per ogni personaggio famoso in visita); il giardino d'inverno; il belvedere e poi brevi tornanti che sospingono verso l'uscita.


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Nomi che suggeriscono visioni, cui corrispondono angoli colorati di fiori; piccoli mondi a parte che iniziano, sbocciano e terminano là dove un altro prende forma.
Sono un'opera d'arte viva e in continua evoluzione, che dal 1935 raccoglie e accoglie piante, amatori e curiosi: i visitatori giungono da lontano e ammirano questo museo di rarità provenienti da ogni angolo della Terra. 
Sono la realizzazione del sogno di un uomo appassionato, il Capitano Neil Boyd Mc Eacharn, scozzese d'origine e viaggiatore per indole, che girò il mondo per portare le piante del mondo a casa sua. 

Per qualche ora ci siamo lasciati accarezzare dalla sua atmosfera onirica, con la sensazione di essere ovunque eppure in un unico posto: qui sul Lago Maggiore.

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{} In ogni caso, all'entrata del parco c'è un piccolo parcheggio per macchine e moto riservato ai visitatori; a ogni mezzo che esce, ne fanno entrare uno.

venerdì 14 aprile 2017

Quelle campane d'Invorio

Questa è la storia delle campane d'Invorio, vista e interpretata da un'invoriese per caso.

C'era una chiesa costruita su una collinetta a guardia del paese: sotto scorreva la strada che attraversa Invorio per unire le sponde del Lago Maggiore con quelle del lago d'Orta. C'erano anche un campanile e un prete innamorato delle sue belle campane.

Le campane suonavano spesso e volentieri:
  • per segnare l'ora - due volte, un minuto prima e un minuto dopo, tanto per esser sicuri (alle 09.59 e alle 10.01, per esempio)
  • per segnare la mezz'ora - tanti rintocchi quante sono le ore e un rintocco a metà
  • per segnare l'inizio e la fine della giornata - la stessa sonata allegra alle 07.30 e alle 20.15

Tutto il giorno era scandito da un pimpante scampanellio, a cui si aggiungevano le sonate speciali:
  • la marcia nuziale - di domenica per i matrimoni in chiesa e di sabato per quelli in municipio
  • le sonate dei dì di festa - santi, patroni, festività religiose e civili
  • le campane a morte - c'è stato un anno in cui ogni giorno si celebravano funerali, 'na tristezza assoluta

C'era, poi, il periodo di Natale: da metà pomeriggio fino a sera, le campane suonavano stentoree tutto il repertorio di inni e carole. Per ore e ore, e pure un po' stonate: impossibile non accorgersene, impossibile sentire altro (anche con le finestre chiuse ermeticamente).

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Finché un bel giorno di giugno un fulmine (divino?) le zittì. Che pace! Che gioia per le orecchie! Che silenzio piacevole, quasi irreale!
Il tempo, finalmente libero da ogni rintocco, sembrava prendere nuovi ritmi. I matrimoni risuonavano di risate e auguri sinceri. Le mattine iniziavano col canto degli uccellini e le sere si spegnevano coi giochi dei bambini. La vita procedeva nel migliore dei modi.
Ma durò poco. Il campanaro aggiustò le campane e il prete tornò a gioire del loro suono stonato.

Finché un (altro) bel giorno arrivò un nuovo prete. Forse fu per il suo orecchio sensibile o forse fu per qualcos'altro, ma le campane si fecero più discrete.
Ora suonano per segnare l'ora (solo un minuto prima), la mezz'ora (con un solo rintocco), l'inizio e la fine della giornata (stessi orari, tranne la domenica mattina alle 08.00), le feste religiose, i funerali e qualche matrimonio. Con riserbo e cautela.

La storia cambia, ma le campane stonate rimangono.


Buon vento

lunedì 10 aprile 2017

C'era una volta la Siberia ad Arona

Martedì mattina, appena posso, vado al mercato ad Arona.
Adoro i mercati, più sono grandi e variopinti, più mi piacciono. Il mercato di Arona non è enorme, ma nemmeno tristemente piccolo: si stende sul lungolago, riempie di colori e odori i viali, ne ruba i posteggi, aggroviglia il traffico e muta come per magia il paesaggio.

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Martedì mattina, quindi, appena posso, scendo dalle colline, parcheggio ad Arona nella via in cui sono cresciuta e m'incammino verso il lago.
Da un po' di tempo, invece di fare la solita strada trafficata che va alla stazione e al mercato, percorro una stradina che attraversa la città e giunge dalla parte opposta.
Prima non esisteva: qui c'erano prati e una fabbrica di orologi. Al posto dei fiori, poi, sono spuntati nuovi condomini e parcheggi e un parco giochi per bambini e un'area sgambamento per cani e nuove strade che portano a nuovi cortili.

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Percorro una stradina che unisce due rioni lontani, il mio (di quando ero piccola) e la Siberia. La Siberia ad Arona? Ebbene, sì!
Il rione Siberia aveva un grande prato: con le acque del torrente Riale s'allagava, col freddo invernale gelava e gli abitanti raccoglievano le lastre di ghiaccio per conservare la carne nelle cantine dei macellai.
Una targa posta all'inizio della stradina ne mantiene - per fortuna - il ricordo: ecco perché c'era una volta la Siberia ad Arona.

Buon vento

lunedì 3 aprile 2017

Terzo aprilante

"Terzo aprilante quaranta dì durante."

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Oggi splende il sole in un cielo terso, con arietta sbarazzina. Significa che per tutto il mese e un toc sarà altrettanto bello? Me lo auguro.

Perché le ortensie in giardino sono piene di foglie e promettono grandi fioriture, e sulle viti in cortile spuntano boccioli verde-rosa e la curiosità mi divora.
Perché spero che i bulbi diano fiori colorati e duraturi, e le rose tornino a mostrarsi pudiche.
Perché sento forte il desiderio di giri in moto, di passeggiate lungo le sponde del lago, di attraversare boschi verdeggianti e giardini dai mille colori.

Finalmente è aprile.

lunedì 20 marzo 2017

Pelle di Leopardo


Per anni l'ho ignorato. Quel libro rimaneva sullo scaffale senza mai essere toccato: era un regalo di Natale di mia madre, ma io ero troppo acerba per coglierne il gusto intenso.
Dieci anni più tardi l'ho assaggiato con curiosità e ho scoperto che mi piaceva e ne volevo di più. Quel libro si chiama In Asia e l'autore è Tiziano Terzani, che mi ha conquistata per sempre.

Per mestiere raccontava i suoi viaggi e tutto ciò che incontrava lungo la strada. I suoi viaggi erano speciali, perché era un giornalista e un corrispondente e andava nei luoghi caldi del mondo per cercare e mostrare la realtà.

Quando m'innamoro di un autore, devo leggerlo dal suo primo testo all'ultimo, in rigoroso ordine cronologico, per coglierne l'evoluzione. Perciò ora comincio con Pelle di Leopardo. L'edizione del 2000 raccoglie due testi, Pelle di leopardo. Diario vietnamita di un corrispondente di guerra 1972-1973 (pubblicato nel 1973) e Giai Phong! La liberazione di Saigon (pubblicato nel 1975). Entrambi i libri raccontano la rivoluzione vietnamita.

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Come sa descrivere la sua ricerca e le sue scoperte, in pochi sanno fare. Leggendolo ho conosciuto una parte di storia così tanto vicina a me, e forse per questo sconosciuta.
Il libro mi ha avvinto e rapito, ma la parte più bella e che più mi ha colpito è la premessa scritta venticinque anni dopo da Terzani. Una persona abituata a cercare la realtà per mostrarla a chi ancora non la conosce sa che la realtà a volte inganna. Perché la realtà è fatta di intenzioni che spesso diventano azioni opposte.
Così un libro, per anni unico testimone della bontà della rivoluzione, pochi anni dopo testimonia quanto quella bontà fosse effimera.

Viaggiare significa testimoniare la Storia, anche e soprattutto quando cambia e quando ciò che ci ha dato speranza s'è dimostrato una terribile, terribile delusione.

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lunedì 6 marzo 2017

Colpo di scena nel mondo delle guide turistiche

Ti ricordi a che punto siamo rimasti con la storia delle guide turistiche italiane?
Riassumo brevemente: la legge 97/2013 dice che siamo guide turistiche nazionali, ma i decreti ministeriali 7 aprile 2015 e 11 dicembre 2015 dicono che senza specializzazione non possiamo guidare gruppi nella visita di tremilacentottantasette siti italiani di particolare interesse storico, artistico o archeologico.

Ordunque, mentre le regioni si avviavano a deliberare in merito ai nuovi requisiti necessari allo svolgimento della professione di guida turistica e al rilascio dell'abilitazione... BUM!
È successo: il TAR del Lazio con la sentenza n. 02831/2017 pubblicata il 24 febbraio annulla i suddetti decreti ministeriali, ripristina la piena validità della suddetta legge e fa decadere le delibere regionali.

Il principio di liberalizzazione europeo è salvaguardato: anche in Italia, libere guide in libero mercato.
Non esistono più le gilde, non esiste un albo professionale, non è mai esistita unità tra le guide turistiche.

Cara guida turistica, fattene una ragione: sii resiliente.

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venerdì 3 marzo 2017

Di sabato a Milano, nel cuore del Progetto Porta Nuova

Per un sabato al mese, al mattino presto scendo dal treno nella stazione di Porta Garibaldi di Milano.
Attraverso la strada, prendo le scale mobili, percorro Piazza Gae Aulenti e proseguo fino alla scalinata che scende al Piazzale Principessa Clotilde e a Porta Nuova.
Arrivo quando i negozi sono ancora chiusi e gli operai già lavorano nei cantieri.

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Mi piace:
la superficie lucida dei grattacieli che riflettono l'umore del cielo
l'acqua che scorre dalla fontana, indefessa
le vetrine illuminate dei negozi vuoti
il legno congiunto all'acciaio in forme sinuose
la sospensione dal tempo
le gru sempre in movimento
i pochi passanti, con l'aria di godersi la solitudine
i pali con le indicazioni stradali
la passerella sul traffico di Via Melchiorre Gioia
l'aria di città nuova
le promesse, mantenute e future

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Ritorno di sera e l'atmosfera pacata non c'è più: gruppi di persone che parlano e ridono in ogni lingua, scattano foto, discutono al telefono e vivono nei negozi.

Quando sono da queste parti mi sento felice, mi sento "a casa".

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lunedì 27 febbraio 2017

Di grazia, come nasce il turismo?

Cartoline spruzzate di salsedine, souvenir abbandonati alla polvere, qualche diario di viaggio... Prenotazioni, suggerimenti, travel blog, riviste e trasmissioni televisive, itinerari, pacchetti di servizi tutto incluso... Studi di specialisti, di settore, tecnici, teorici, data base, statistiche... È questo ciò che mi viene in mente se penso al turismo: un gran giro di numeri, soldi, persone, desideri.

Ho sempre una domanda che mi si ripropone ogni volta che penso al turismo: di grazia, come nasce il turismo?

Secondo te, quando è iniziato il turismo? Con la globalizzazione o la diffusione del benessere? Con la Rivoluzione industriale o l'aristocratico Grand Tour?
E, sempre secondo te, dove è iniziato il turismo? In Europa o nelle Americhe? Al nord o al sud? A est o a ovest?

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Per rispondere, ti può essere utile un'altra domanda: se questi numeri, soldi, persone, desideri non fossero registrati e noi non li conoscessimo per filo e per segno, il turismo esisterebbe lo stesso?

Certo che sì. 
Che si distingua tra turisti ed escursionisti per motivi economici (meglio un turista di cinque escursionisti!), o tra turisti e viaggiatori sulla base dell'esperienza vissuta (forse basta l'intenzione a trasformare il turismo in viaggio e viceversa?), di sicuro c'è solo questo: il turismo è una pratica umana, un'attività organizzata che risponde ai bisogni delle persone.
La storia dell'umanità è lunghissima - se si contano le epoche delle preistoria, lo è ancor di più: riesci a immaginare da quanti anni siamo turisti su questa Terra?

Buon vento

lunedì 20 febbraio 2017

L'Età del Bronzo sul Lago Maggiore

Se abitassi dalle parti del Lago Maggiore più o meno tremilacinquecento anni fa, ti troveresti nel bel mezzo dell'Età del Bronzo. Certo, se fossi di quel periodo, non sapresti che si chiama così, perché è un nome inventato dagli archeologi.
La storia dell'umanità, infatti, è talmente vasta che abbiamo bisogno di ridurla in epoche, suddividendola in base alle grandi scoperte e alle novità (soprattutto tecnologiche). Si tratta di cesure convenzionali, date a posteriori e che cambiano da regione a regione, ma funzionano.
Quindi, eccoci qua nell'Età del Bronzo, con precisione nel II millennio a.C.

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Le epoche in Europa

L'Età del Bronzo fa parte dell'Età dei Metalli, che vien subito dopo l'Età della Pietra.
L'Età dei Metalli si chiama anche Protostoria.
Da entrambi i nomi si possono già capire molte cose:
  • l'innovazione straordinaria di quest'epoca è la metallurgia, cioè la tecnologia per lavorare i minerali e produrre oggetti in metallo
  • è una prima forma di storia, perché nascono le prime città, si formano le classi sociali in base al lavoro (e alla ricchezza), inizia a diffondersi la scrittura
  • non è ancora storia, perché i popoli di quest'epoca non ci hanno lasciato memorie scritte delle proprie vicende; ci hanno pensato i Greci e i Romani, però, che li hanno incontrati nei loro viaggi

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L'Età dei Metalli sul Lago Maggiore

L'Età del Bronzo è nel mezzo, tra la più antica Età del Rame e la più recente Età del Ferro.
Il suo nome è legato alla super evoluzione tecnologica della metallurgia del bronzo.
La fusione del bronzo, una lega di rame e stagno, ha dato il via a grandi cambiamenti: gli strumenti e le armi sono molto più resistenti e richiesti; l'agricoltura migliora grazie agli utensili di metallo sempre più specializzati; gli artigiani metallurghi (che prima si spostavano ovunque ci fosse richiesta delle loro abilità) si fermano nei villaggi e fanno parte delle comunità, formando una nuova classe sociale; s'intensificano i commerci tra il Mediterraneo e le terre d'Oltralpe, perché lo stagno si trova solo in poche aree del mondo (in Europa: Cornovaglia, Bretagna, Spagna).

Nel territorio del Lago Maggiore la gente abitava in villaggi costruiti sulle colline moreniche o sulle sponde lacustri (come l'abitato del Lagone di Mercurago), nelle zone ricche d'acqua delle Prealpi e della Pianura Padana. I villaggi diventano man mano più fitti e grandi fino a cambiare del tutto il paesaggio.

Nel frattempo:
  • nella Valle del Fiume Giallo, in Cina, l'intero territorio è unificato in un unico regno e inizia il Periodo delle Dinastie
  • nella Valle dell'Indo, tra Pakistan e India, i Vallindi commerciano i lapislazzuli e il turchese con i popoli della Mesopotamia
  • in Mesopotamia, tra Iraq, Iran, Kuwait, Siria e Turchia, il governo del territorio passa dai Sumeri agli Accadi, ai Babilonesi, agli Ittiti e, infine, agli Assiri
  • in Egitto regnano i faraoni del Medio e del Nuovo Regno
  • a Creta e nel Peloponneso, in Grecia, gli antichi Cretesi e gli Achei commerciano con gli Egizi
  • in Libano i Fenici partono per fondare colonie sulle coste del Mediterraneo
  • in Palestina gli Israeliti percorrono lunghe strade per commerciare con gli Egizi, i Fenici e i popoli della Mesopotamia
Buon vento

sabato 18 febbraio 2017

Su e giù per Bergamo

In una luminosa domenica d'inizio inverno, andiamo a Bergamo per scoprirne le bellezze in compagnia di cari amici.

A Bergamo ci son stata tre volte, anni fa, per studio e per lavoro: non ricordo nulla. Perciò questa gita fuori porta ha il profumo della scoperta. Come guide abbiamo i nostri amici, che ci raccontano la città col calore dei ricordi e il sorriso della familiarità.

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Il centro di Bergamo bassa già mi piace molto. C'è gente che passeggia nel sole, all'uscita da messa, verso le case di parenti e amici o col solo desiderio di godersi la bellezza e la serenità. Mentre chiacchieriamo ci guardiamo attorno: negozi, pasticcerie, ristoranti, il mercatino coi suoi odori e colori, le pubblicità argute dei musei, i monumenti e, lassù, la città alta.
Dopo un pranzo da Eataly e un giro da Tiger (attrazione, ahimè, irresistibile), riprendiamo la nostra strada in mezzo a palazzi signorili di ogni epoca per arrivare con calma ai piedi della funicolare {}.

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Dunque, la funicolare... Le altezze non mi piacciono, divento nervosa, ma mi piace quel che posso trovare là in alto. Perciò ci salgo, guardo le piante che s'aggrappano ai bastioni veneziani del Quattrocento, sbircio verso i tetti in basso e tiro un sospiro di sollievo appena arriviamo.

Arriviamo in un altro mondo, che sa di antichità, di saggezza e ricchezza d'altri tempi. Le strade salgono e saliamo anche noi, prima verso la Rocca sul colle di Santa Eufemia, poi verso Piazza Vecchia con la Torre Civica duecentesca.

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Una meraviglia: sotto ai portici, sul pavimento, si mostra un orologio solare {}, con l'analemma: il sole, nel suo viaggio annuale, entra da un disco forato appeso sul lato meridionale dei portici e colpisce le costellazioni, gli equinozi, i solstizi.
Di fronte la cappella di Bartolomeo Colleoni, Capitano Generale della quattrocentesca Repubblica di Venezia - con il suo stemma sorprendente {} e lucido lucido - e la Basilica di Santa Maria Maggiore dai ricchissimi ed enormi arazzi. 

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Poi però il sole cala e il freddo punge. Ci vuole una pausa per un tè, una cioccolata con panna e una dolcissima polenta e osei.
Giunge l'ora di tornare a casa, verso altre pianure, altri fiumi e altre colline. In macchina non possiamo fare a meno di rivivere la giornata: la città è ricca, piena di sorprese e unica nel suo genere. Da rivedere presto, magari in primavera o all'inizio dell'estate, sempre con i nostri amici.

Che giornata, bellissima.

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 {All'inizio, nel 1887, era a vapore, sostituito cinque anni dopo con la trazione elettrica. 
 {Risale al 1798 e segna il passaggio del sole a mezzogiorno.
 {Pare siano tre testicoli, cosa di cui il Capitano Generale fu molto orgoglioso.

venerdì 10 febbraio 2017

Un viaggio lungo quattro mesi e novanta pagine

Sto viaggiando lungo i fiumi delle antiche civiltà, in questi giorni.

Dalla prua di una barca di papiro sul Nilo, osservo i campi e i contadini al lavoro. Stormi di uccelli acquatici ridacchiano tra i fiori di loto, i bambini ci inseguono per brevi tratti ridendo e correndo lungo la riva.
Sulla gobba di un dromedario guardo snodarsi la carovana, come un serpente nel deserto. Stiamo raggiungendo l'oasi, il fresco delle fronde, il canto dell'acqua e la dolcezza del riposo.
Attraverso la Mesopotamia sulla barca rotonda di un ricco mercante: tra l'odore di bitume e di animali spaventati, mi auguro che la corrente del Tigri mi porti veloce al mare.
Da qui mi imbarco su una robusta nave di legno e veleggio verso la ricca valle dell'Indo, a guardare come fanno a costruire i pesi per bilance.
Mi spingo più in là, verso il Mar Giallo per rubare il segreto della carta, vestirmi di seta e bere il tè.

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Vedo meraviglie, paesaggi nuovi e inimmaginabili, assaggio cibi diversi, ascolto lingue incomprensibili e discorsi identici. Vado dove i mercanti dell'antichità andavano, sempre più in là, in cerca di pietre e metalli preziosi, materie prime rare e pregiate, gioielli e oggetti di prestigio, conoscenze, credenze, tecnologie innovative.

Sto scrivendo un altro libro di storia antica, in quesi giorni.

lunedì 6 febbraio 2017

In motorino a Roma

Quest'avventura ancora non l'avevo vissuta: girare per i quartieri di Roma su un motorino, da passeggera.

Tutta Roma attorno a me, coi suoi palazzi, la storia passata e presente, i ponti sul Tevere, le buche, gl'improperi dei pedoni, i semafori "bruciati", le scorciatoie, le "allungatoie" per ammirare tutto l'ammirabile.

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Ho attraversato Trastevere, Testaccio, la Garbatella; ho sfiorato l'isola Tiberina, per me unica e sacra; riconosciuto alcuni luoghi già visti (in altri tempi, in un'altra luce, con altri mezzi); conosciuto posti così incredibili che ancora adesso, a casa, mi chiedo se li ho visti davvero.

A Trastevere c'ero già capitata un giorno di due anni fa, per sbaglio. Non sapevo quale autobus prendere e ho preso quello sbagliato: invece di andare verso ovest, mi ha portato a est, oltre il Tevere. L'ho scoperto con una fotografia.

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Mi è entrato nel cuore e faticherà a uscirne. Viale Trastevere, ponte Garibaldi, il Tevere, via Arenula e Largo di Torre Argentina: a piedi, nel buio freddo di un tardo pomeriggio, con una Roma insolitamente calma. Ma quant'è meraviglioso il riflesso del Cupolone illuminato d'arancio sotto gli archi del ponte? Mi fermerei ore a osservarne ogni baluginio.

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E poi - via! - di nuovo a sfrecciare in mezzo al traffico, dalla Garbatella, su verso Stazione Termini. Riconosco alcune strade, i negozi di via Merulana, piazza di Santa Maria Maggiore e l'indimenticabile maritozzo che vi ho mangiato, piazza dei Cinquecento e, di scorcio, piazza della Repubblica.
Si torna a casa, in treno.

Ma a questa avventura su due ruote penserò sempre con un gran sorriso e un impeto di fanciullezza.

giovedì 2 febbraio 2017

L'orso e la Luna

Candelora, luci e orsi: che giornata, oggi!

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Per predire come sarà l'annata nei campi, da decenni, secoli o forse millenni, stanotte i contadini guardano la Luna.
E osservano il comportamento dell'orso: se sentirà profumo di primavera, si sveglierà dal letargo e uscirà dalla caverna; se lo avvolgerà ancora il freddo invernale, continuerà a dormire.

Sarà pure Candelora - la festa della luce ritrovata e della rinascita della natura -, ma oggi piove, è tutto grigio e la primavera sembra solo un desiderio.
Eppure la Luna, visibile solo per il 30%, è in fase crescente: significa forse che la primavera arriverà (ma non subito) e l'annata sarà carina (ma non bella) e l'orso sbadiglierà e si gratterà la testa indeciso sul da farsi?
Forse.

lunedì 30 gennaio 2017

I giorni della merla

Le leggende parlano di merli dalle penne bianche, di un gennaio dispettoso, di giorni presi in prestito, di fuliggine dei camini e di una merla che, da bianca, ne diventa grigia.


Secondo la tradizione gli ultimi tre giorni di gennaio - o gli ultimi due e il primo di febbraio - sono i giorni più freddi dell'anno.
I contadini, osservandone il tempo, prevedevano il clima di febbraio e marzo. Ci proviamo?

Dunque, ecco come fare:

  • se oggi, 29 gennaio, fa molto freddo e c'è il sole significa che gennaio, per la maggior parte dei giorni, è stato  freddo e pieno di sole 
  • se domani, 30 gennaio, pioverà e sarà meno freddo si prevede un febbraio piovoso e meno freddo
  • se in questi tre giorni fa un gran freddo e magari nevica, la primavera arriverà in anticipo e sarà bella
  • se, invece, non saranno freddissimi, la primavera sarà fredda

Sul Lago Maggiore gennaio è stato un mese freddissimo, con cieli bigi prima e soleggiati poi. Oggi, sulle colline del Vergante, ci sono 7° C (più caldo rispetto ai giorni scorsi) e il sole è velato: febbraio sarà più mite, ma avremo una primavera fredda?
Spero proprio di no. Quasi quasi esco in giardino a far la danza della neve!

venerdì 27 gennaio 2017

C'era una volta, sulle sponde del Lagone di Mercurago, un villaggio

Sei pronto per un viaggio a ritroso nel tempo? Non preoccuparti, la strada non sarà lunga: basta raggiungere il Parco naturale dei Lagoni di Mercurago ad Arona nel Novarese, chiudere gli occhi per un secondo, riaprirli e lasciarsi andare all'immaginazione.

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Il Lagone di Mercurago è un luogo magico, dove le nebbie del tempo si dissipano e svelano vite vissute mille e mille anni fa.
Vieni: affrontiamo la salita con calma, seguiamo la curva a destra, sfioriamo i pascoli dei cavalli, svoltiamo a sinistra. Ancora qualche passo e già tra i tronchi degli alberi s'intravede il baluginio del sole sulle onde del Lagone.
E poi eccolo, il piccolo lago, disteso tra i canneti, ammantato di boschi con un grande prato ai suoi piedi: quasi tremila e settecento anni fa, qui sorgeva un villaggio.

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Un villaggio costruito sulle rive melmose, rese sicure da pali conficcati nel terreno e strati di tavole, pietre e ramaglie, con case di legno dai tetti di paglia affacciate sull'acqua.
Dove le giornate iniziano presto, ognuno intento nelle proprie attività. I contadini nei campi, i ceramisti accanto ai forni, i metallurghi chini sui crogioli, i tessitori con la lana sui fusi, i carradori nell'officina, gli scheggiatori tra le pietre, i cacciatori e i pescatori sulle piroghe tra le onde calme.
Finché arriva sera e ci si raccoglie attorno al fuoco per ascoltare le storie dei mercanti. Hanno visto il mare, laggiù, e valicato le alte montagne, lassù, percorso i fiumi su piroghe di legno, incontrato altri mercanti, genti, villaggi.

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Un villaggio sorto in un punto d'incontro tra le vie di traffico lungo i torrenti interni, i grandi fiumi e il Lago Maggiore, vie che portano lontano verso il mare Adriatico, il mar Ligure e le Alpi. Dove il limo {} lasciato dalle piene sulle sponde e il loess {} portato dai venti sulle colline rendono fertile il terreno. Dove l'acqua mitiga i freddi inverni e promette sicurezza e abbondanza.

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Un villaggio abitato per quasi quattrocento anni da una piccola comunità di agricoltori, abili artigiani e mercanti di beni di prestigio. La cui vita s'interrompe per cento anni, quando il clima peggiora e il Lagone si trasforma in palude, e poi riprende ininterrotta. Finché fa di nuovo troppo freddo, le falde acquifere s'abbassano, la palude avanza, si sviluppano nuovi assi commerciali, sorgono nuovi e grandi villaggi sulle sponde del Lago Maggiore e del Ticino...
Tutto cambia: si volta pagina e inizia una nuova storia.

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Li vedi, gli ultimi bagliori dei focolari, mentre le stelle splendono alte nel cielo e nel buio dei boschi gli animali notturni lanciano i loro gridi?



Il sito archeologico del Lagone di Mercurago conserva i resti di un abitato su bonifica {} datati all'età del Bronzo (tra XVIII e XIII secolo a.C.) e scoperti nel 1862 da Bartolomeo Gastaldi.
Assieme ad altri centodieci siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino, rientra nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco dal 2011.


{Il limo è un sedimento, cioè un terriccio molto fine sospeso nelle acque di fiumi e laghi che, dopo le piene, si deposita sui terreni circostanti e forma uno strato di terreno fertile. 
{Il loess è un deposito eolico, cioè uno strato di sabbia e limo di origine glaciale (eroso, trasportato e depositato dai ghiacciai) trasportato e depositato dal vento.
{Un abitato si dice su bonifica quando è costruito sulle sponde fangose di uno specchio d'acqua, rese solide con la costruzione di una struttura di pali conficcati nel terreno e di una pavimentazione di tavole di legno, sassi, ramaglie. 


venerdì 20 gennaio 2017

In treno, prima dell'alba e dopo il tramonto

Sto viaggiando più del solito. Le mie destinazioni sono grandi città italiane: Milano, Roma, Torino, Bologna.

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Parto al mattino prima dell'alba. 
Prendo un treno, nel silenzio assonnato del vagone stanco. 
Faccio colazione in stazione, nel rumore assordante di cucchiaini e tazzine, ordini urlati da una parte all'altra del bancone, discorsi in ogni lingua e in ogni tono.  
Prendo un altro treno, nel quasi silenzio educato della gente che lavora. L'Italia scorre dal finestrino.
Arrivo in città, abbraccio le persone che passeranno con me questa giornata. Corriamo verso il luogo dell'appuntamento e il dove e il quando spariscono.
Poi, tra l'ultima luce e i primi bui, corriamo verso la stazione e ci salutiamo.
Prendo un treno, nel rumore caotico dei miei pensieri, mentre l'Italia si riavvolge oltre il finestrino.
Faccio mente locale in stazione. Seguo le luci arancioni e raggiungo il binario, zigzagando tra qualsiasi tipo di gente.
Prendo un altro treno, nel torpore della stanchezza. Combatto per non chiudere gli occhi e non perdere la fermata.
Arrivo la sera dopo il tramonto.

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Sto viaggiando più del solito. A Milano, Roma, Torino, Bologna. Delle città vedo ben poco, delle stazioni prendo le misure. Viaggiare per lavoro è una delle cose più belle che ci sia.

venerdì 13 gennaio 2017

Sui sentieri di Invorio

Nove giorni chiusi in casa da una doppia influenza (mia e del marito). Nove giorni di sole brillante e cielo terso - e aria di ghiaccio. Me me accorgo quando esco ad aprire e chiudere le persiane, le uniche sortite quotidiane.
Il decimo giorno non stiamo più nella pelle, vogliamo uscire! Una passeggiata tranquilla, un giro veloce, qui a Invorio. Così lasciamo la casa: i bipedi imbacuccati da testa a piedi, il quadrupede zampettante d'impazienza.

Il bello di Invorio è che si trova nel Vergante e alterna i centri storici delle tante frazioni a cascine antiche, campi, villaggi moderni e boschi.
Tempo fa ci siamo imbattuti per caso in un cartello intrigante: "Percorso della Memoria", diceva. Oggi lo seguiamo per scoprire dove ci porta.

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Attraversiamo piazza Vittorio Veneto, quella del municipio, imbocchiamo via Cesare Battisti, svoltiamo in via Dorina Bertona Bellosta, là dove la bella casa d'epoca e un cartello segnano l'inizio del percorso. Fiancheggiamo la fabbrica della Barazzoni (hai presente le pentole? Ecco, le fanno qui) e percorriamo la via Dorina Bertona Bellosta, tra campi, boschi e ville residenziali.
Un nuovo cartello segna la direzione del percorso, lungo una strada di terra, che ben presto si dirama in due sentieri. Seguiamo quello di sinistra e ci addentriamo nel bosco.

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E penso. Se abitassi nell'ultima villa sul sentiero, ogni domenica mattina uscirei col Baldo per una passeggiata tra gli alberi, fino a riconoscere ogni svolta, ogni ceppo, ogni profumo. Rimetterei in ordine i pensieri e ritroverei l'equilibrio, passo dopo passo, via gli affanni della settimana, via la frenesia, via tutto ciò che nella fretta intralcia. Domenica dopo domenica, imparerei a conoscere il bosco.

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Come il signore che incontriamo, nel silenzio frusciante, cui chiedo informazioni sul percorso. Poco più in là c'è un cippo commemorativo, per ricordare il partigiano Ugo Ballerini, e un bivio: a destra si arriva fino alla frazione di Barquedo, a sinistra si raggiunge la Baraggia e da lì via Cesare Battisti, per ritornare in paese.

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Solleviamo nuvole crocchianti di foglie e il marito ricorda quando, da piccolo, il bosco era pulito. I proprietari ne raccoglievano le foglie, i rami caduti, pulivano i sentieri, così l'acqua piovana penetrava nel terreno (invece di ruscellare su uno strato spesso di foglie secche e invadere le strade asfaltate) e il bosco si manteneva vivo. Una volta non era solo un posto dove passeggiare, ma una ricca risorsa di materie prime: curarlo era importante come curare la propria salute.

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Sentiamo il rumore d'autostrada, intravediamo sotto di noi una via conosciuta. Ma è lontana, è già mezzogiorno, abbiamo fame: torniamo sui nostri passi, la via più breve.
D'altronde è il decimo giorno e nove li abbiamo passati con l'influenza: meglio andarci piano.

Buon vento 

lunedì 9 gennaio 2017

La Luna e il Sole

Il tempo è la quarta dimensione: la realtà non è fatta solo di centimetri lineari, quadrati e cubi, ma anche - e soprattutto - di momenti, di attimi che sembrano ore e di ore lunghe quanto un battito di ciglia.

Luc Besson nel film Lucy afferma che il tempo è l'unica unità di misura della vita terrestre: senza, non ci sarebbe esistenza - e mi vien voglia di credergli.
Per me il tempo è una linea: si evolve a ritmo incostante, ma continuo, dal punto d'inizio all'infinito. Per alcuni ha la forma stessa dell'infinito, per altri è un cerchio il cui scorrere termina col suo inizio, anno dopo anno.

I giorni, le stagioni e gli anni possiedono un ritmo scandito da fenomeni precisi: è il ritmo della natura cui si adeguano tutti gli esseri viventi. Le persone li celebrano da sempre con riti, cerimonie e feste: ancora oggi, appena gli scintillii del Natale sono riposti negli scatoloni, si pensa già ai colori del Carnevale, ai sospiri di San Valentino, si immaginano già i decori per Pasqua.

La Luna e il Sole si avvicinano e s'allontanano dalla Terra secondo danze apparenti. Gli antichi agricoltori li seguivano costruendo imponenti calendari di pietra, i contadini di ieri e di oggi ne leggono i segni nei campi per conoscere in anticipo come sarà il raccolto. Questa saggezza popolare, fatta di millenni di osservazione, di lavoro, di coincidenze precise tra cielo e terra, prende forma nella meteorognostica - e ne voglio sapere di più!

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Intanto, la vita va avanti anno dopo anno. È il "tempo dell'eterno ritorno": alla fine del percorso tutto muore e tutto torna a rinascere - garanzia di sicurezza.

Buon vento e buon anno nuovo!

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