Tutto ha inizio domenica, una giornata bigia e bagnata: una giornata speciale, perché il cancello del castello d'Invorio è aperto ai visitatori in occasione delle Giornate di Primavera del FAI. Un'occasione ghiotta: armata di occhi ben aperti e macchina fotografica, non voglio farmela scappare.
Il castello.
Il castello ha origini antiche e a tratti nebulose: costruito su una collina, controllava tutto il territorio circostante. Nel Medioevo passò di mano in mano ai vari signori del territorio: i conti di Pombia, i conti di Biandrate, il Comune di Novara, i Visconti. Distrutto nel 1358 da Galeazzo Visconti (per non cederlo al marchese del Monferrato), ora del suo antico splendore rimangono la torre e alcuni tratti di mura del primo e secondo recinto: immersi nel parco privato assieme ai palazzi seicenteschi dei Visconti d'Aragona, sfoggiano una merlatura ottocentesca a coda di rondine.
Il suo fascino è intatto. La torre svetta sul paese ed è motivo d'orgoglio anche per una "straniera" come me: ammiro i sui diciassette metri di pietre grigie, mi soffermo (e accarezzo!) le decorazioni a rilievo dei conci angolari, ne colgo i rimaneggiamenti successivi e riconosco le caratteristiche - la porta d'accesso a qualche metro da terra, le finestre alte e strette.
Dall'alto del parco cerco il tetto di casa nostra e il lago, laggiù, oltre le cime degli alberi e le colline.
Il fantasma.
Nelle notti più buie e nelle menti più fantasiose, tra le pietre grigie di muri e torri svettanti, s'aggira un'ombra candida e luminosa di donna: i capelli sciolti al vento, il volto rigato di lacrime, la veste d'altri tempi e un canto di dolore che si diffonde nel silenzio. Piange la morte prematura, il tradimento, l'amore perduto, l'amore violento, l'amore dolcissimo. Piange le sue sventure, e il suo nome è Margherita.Da viva, quasi settecento anni fa, era nipote e cugina dei Visconti, sposa del nobile Francesco Pusterla di Milano e madre. Era molto bella e il cugino Luchino tentò in ogni modo di conquistarla - invano. Francesco, adirato e oltraggiato, partecipò a una congiura per ucciderlo - invano. Margherita, rinchiusa nel castello d'Invorio e disperata per la morte del marito, continuò a rifiutarsi al cugino e costui, spazientito, la murò viva nella torre. Dove morì - invano. Perché nelle notti più buie racconta in eterno le sua storia al vento.
Il romanzo storico.
Nell'Ottocento sbocciava e fioriva il romanzo storico - il più famoso per gli italiani è I promessi sposi del Manzoni. A quell'epoca gli scrittori romantici riportavano in vita le vicende del passato, i giovani innamorati e le lotte fra nobili casati di secoli prima: un po' per ritrovato interesse nei confronti del passato, un po' per orgoglio storico, un po' per patriottismo (e aggirare la censura del tempo).E così, lo storico Cesare Cantù pubblicò nel 1838 il racconto storico Margherita Pusterla, pervaso di un cupo pessimismo e privo di qualsiasi lieto fine: moriranno Margherita, Francesco e i figli; morirà, infine, Luchino; moriranno i malvagi e i buoni. Non c'è da meravigliarsi: il Cantù scrisse il suo racconto qualche anno prima, nella solitudine delle prigioni austriache, usando il fumo di candela come inchiostro, gli steccadenti come penna e carte straccie, dategli per altri usi. E fu un successo.
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