venerdì 13 gennaio 2017

Sui sentieri di Invorio

Nove giorni chiusi in casa da una doppia influenza (mia e del marito). Nove giorni di sole brillante e cielo terso - e aria di ghiaccio. Me me accorgo quando esco ad aprire e chiudere le persiane, le uniche sortite quotidiane.
Il decimo giorno non stiamo più nella pelle, vogliamo uscire! Una passeggiata tranquilla, un giro veloce, qui a Invorio. Così lasciamo la casa: i bipedi imbacuccati da testa a piedi, il quadrupede zampettante d'impazienza.

Il bello di Invorio è che si trova nel Vergante e alterna i centri storici delle tante frazioni a cascine antiche, campi, villaggi moderni e boschi.
Tempo fa ci siamo imbattuti per caso in un cartello intrigante: "Percorso della Memoria", diceva. Oggi lo seguiamo per scoprire dove ci porta.

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Attraversiamo piazza Vittorio Veneto, quella del municipio, imbocchiamo via Cesare Battisti, svoltiamo in via Dorina Bertona Bellosta, là dove la bella casa d'epoca e un cartello segnano l'inizio del percorso. Fiancheggiamo la fabbrica della Barazzoni (hai presente le pentole? Ecco, le fanno qui) e percorriamo la via Dorina Bertona Bellosta, tra campi, boschi e ville residenziali.
Un nuovo cartello segna la direzione del percorso, lungo una strada di terra, che ben presto si dirama in due sentieri. Seguiamo quello di sinistra e ci addentriamo nel bosco.

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E penso. Se abitassi nell'ultima villa sul sentiero, ogni domenica mattina uscirei col Baldo per una passeggiata tra gli alberi, fino a riconoscere ogni svolta, ogni ceppo, ogni profumo. Rimetterei in ordine i pensieri e ritroverei l'equilibrio, passo dopo passo, via gli affanni della settimana, via la frenesia, via tutto ciò che nella fretta intralcia. Domenica dopo domenica, imparerei a conoscere il bosco.

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Come il signore che incontriamo, nel silenzio frusciante, cui chiedo informazioni sul percorso. Poco più in là c'è un cippo commemorativo, per ricordare il partigiano Ugo Ballerini, e un bivio: a destra si arriva fino alla frazione di Barquedo, a sinistra si raggiunge la Baraggia e da lì via Cesare Battisti, per ritornare in paese.

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Solleviamo nuvole crocchianti di foglie e il marito ricorda quando, da piccolo, il bosco era pulito. I proprietari ne raccoglievano le foglie, i rami caduti, pulivano i sentieri, così l'acqua piovana penetrava nel terreno (invece di ruscellare su uno strato spesso di foglie secche e invadere le strade asfaltate) e il bosco si manteneva vivo. Una volta non era solo un posto dove passeggiare, ma una ricca risorsa di materie prime: curarlo era importante come curare la propria salute.

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Sentiamo il rumore d'autostrada, intravediamo sotto di noi una via conosciuta. Ma è lontana, è già mezzogiorno, abbiamo fame: torniamo sui nostri passi, la via più breve.
D'altronde è il decimo giorno e nove li abbiamo passati con l'influenza: meglio andarci piano.

Buon vento 

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