È la mattina tiepida di un sabato marzolino, lascio le sponde del lago, attraverso le colline novaresi - quelle del buon vino - le risaie ancora asciutte (ma per poco) e giungo in città, sotto gli occhi della cupola di San Gaudenzio.
Novara è una città bella, con la storia scritta tra le vie e sui palazzi, a pochi passi da Milano - milanese nell'anima e piemontese di fatto. Una città piccola a cui non manca nulla, costruita su di una collina nel mezzo della pianura, tra torrenti e canali, risorgive e risaie - una città sull'acqua.
Vado a Novara per visitare Casa Bossi, il più bel palazzo neoclassico d'Italia, invitata dal Comitato d'Amore Casa Bossi.
Come sempre, quando visito una città, passo dopo passo costruisco una mappa mentale dei luoghi visitati. Questa è la mappa mentale di Novara:
In Casa Bossi è come entrare nella mente di Alessandro Antonelli, quel genio del neoclassicismo (ti ricordi la Fetta di Polenta?): mi sembra di seguire i suoi pensieri, l'incedere del suo progetto, l'evolvere delle idee; quasi sento il tono della sua voce mentale, tra il buio freddo dell'ingresso e le nuvole di sole del cortile. Mi vien facile, perché c'è Franco Bordino, architetto e studioso dell'Antonelli, a raccontarci dei suoi pensieri, del suo progetto e delle sue idee.
La storia di questa dimora la rende ancora più affascinante. Prima era un palazzo barocco della Contrada Sant'Agata, poi diventa un palazzo neoclassico all'ultima moda. È il 1857 e il suo nuovo proprietario, Luigi Desanti, è un ricco possidente corso, poco conosciuto da queste parti, ma intenzionato a far parlar di sé: sceglie una casa vicina alla basilica di San Gaudenzio (e alla sua futura strepitosa cupola) e per ristrutturarla vuole l'architetto più in voga (e più discusso) del momento.
È permesso? |
L'Antonelli accetta e fa la sua magia: ritmi che fluiscono dalla facciata agli interni, scanditi da pilastri portanti e pareti di mattoni - una scansione modulare visibile ovunque, dentro e fuori; una tecnica costruttiva all'avanguardia, che precorre l'uso del cemento armato. E poi l'attenzione ai particolari, per rendere ogni spazio comodo agli umani, agli animali (le stalle sono un esempio), a chi lavora e a chi si riposa. Una casa unica.
I mattoni fan capolino |
Quando il Desanti muore, il palazzo passa alle figlie e, infine, nel 1880 al Cavalier Carlo Bossi del Contado novarese - da cui prende il nome. Poi c'è la storia: le comodità tecnologiche, il nuovo secolo, la nuova cultura in città, il Futurismo e oltre.
In cortile, sotto la cupola |
Nel 1951 il figlio Ettore Bossi la lascia in eredità al Civico Istituto Dominioni. Passa un secolo dalla sua costruzione e Casa Bossi cade in rovina. Nel 1980 La Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte la sottopone al vincolo monumentale e storico-artistico e nel 1990 diventa proprietà del Comune.
Piovono novità |
Finché un gruppo di cittadini sensibili e coraggiosi prende in mano la situazione e crea il Comitato d'amore per la Casa Bossi: per promuoverne la conoscenza, lo studio e la divulgazione, e per far sì che questo monumento diventi un punto di riferimento per eventi, esperienze di fruizione e sperimentazione di iniziative.
Oggi al piano terra di Casa Bossi tornano le voci, lo scapiccio, l'impegno delle persone. Casa Bossi si riempie di vita, di cultura, storia, innovazione, passione, arte, artigianato, curiosità.
Buon vento, e che sia un vento di lungimiranza
Per saperne di più inizia da qui
Comitato d'amore Casa Bossi, a cura di, Un simbolo di Novara da salvare. Casa Bossi, Novara 2010www.casabossinovara.com
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