giovedì 11 giugno 2015

Quante storie raccontano le pietre di Invorio


Il tempo è clemente: sole al momento giusto, aria fresca e pioggia notturna a mitigare i bollori. Giugno non poteva iniziare meglio di così.
Solo un paio di giorni sono piuttosto caldi, proprio quei giorni in cui l'uomo nel cortile al centro del paese inizia a spostare le pietre: prima dal cortile al giardino, poi dal giardino al cortile.
Metro dopo metro, rompe col piccone lo strato di terra mista ad asfalto e cemento, solleva i ciottoli di fiume, li ammucchia in un angolo. Poi li pone nella carriola, esce dal cortile, entra nel giardino e li rovescia nel punto più lontano dalla casa grigia. Quando libera tutta la superficie del cortile, va in giardino, pone nella carriola le pesanti lastre di pietra (accatastate da anni contro il muro del vecchio casolare), esce dal giardino, entra in cortile e le deposita una a una sulla superficie brulla del cortile.
Impiega sette giorni, e la storia non è ancora finita.

L'uomo delle pietre è mio marito; il cortile, il giardino e la casa grigia sono nostri da ormai otto anni. I ciottoli di fiume e le lastre di pietra sono parte della nostra casa, vecchia di almeno un secolo e mezzo: li hanno posati i primi proprietari, contadini dell'Ottocento, e sono saltati fuori durante i lavori di ristrutturazione. Il paese è Invorio.
Mentre osservo questo andirivieni di pietre, non posso fare a meno di pensare alla loro storia e alla storia dell'antico quartiere in cui ora abitiamo.

Si chiama Müntrigisc e corrisponde al piccolo poggio tra la Porta Fura e la Porta Vigana del borgo medievale. Il punto più alto è il Belvedere. Un tempo si trovava nell'estremità sud-orientale del borgo, poco distante dalla cinta muraria del castello dei signori e dal pascolo che si estendeva subito fuori. 

Casa nostra è stretta dalle antiche case medievali: hanno muri in pietra larghi anche un metro e si affacciano sul vicolo angusto, che dai piedi del poggio arriva fino in cima. Qui c'era un pozzo per servire la comunità - ora è murato. Poco prima del pozzo si apre un arco, sull'arco una scritta indica con una freccia leggera la via per riposarsi all'osteria Belvedere. Oltre l'arco un androne conduce a due cortili: alla fine di uno di questi c'è il nostro e nascosto dal fianco della casa grigia c'è il giardino.
Qui spesso sogno di viaggi in luoghi lontani, di incontri con persone sagge, del luccichio delle acque - di lago o mare o naviglio.

aiquattroventi-muntrigisc-invorio

Casa nostra è stata costruita molti secoli più tardi, dopo la signoria dei Visconti, dopo lo scompiglio portato dalle truppe dei Savoia durante la guerra tra francesi e spagnoli, molto dopo: alla fine dell'Ottocento, proprio quando la placida quotidianità del mondo contadino è sconvolto dalle migrazioni stagionali dei nuovi artigiani specializzati. I giovani s'inventano nuovi lavori, diventano esperti e per offrire le proprie conoscenze si trasferiscono negli Stati Uniti d'America, in Svizzera, in Francia e America Latina: via, sulle navi! Tra gente nuova, lingue sconosciute, fanciulle dai lineamenti diversi, il lusso di signori stranieri, lo scintillio delle città!
Costruita sull'unico terreno in piano, al limitare del declivio del poggio, ha mura spesse di pietra e angoli acuti o ottusi, ma mai retti. Il giardino era diviso in quattro riquadri e la casa in due proprietà - forse due rami della stessa famiglia col tempo si sono allontanati fino a spezzarsi. Noi li abbiamo riuniti in un'unica cosa.

Quante storie le pietre sanno raccontare. Quante cose racconteranno di noi alle famiglie che abiteranno qui nei prossimi secoli.

Buon vento!

P.S. Una volta la casa grigia era rosa: avrei tanto desiderato rinnovare il suo colore originale, ma la burocrazia di oggi tutela i centri storici senza sentimentalismi. L'ha voluta grigia, ma per me sarà sempre Casa Rosa.
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D. E. Bonelli, Invorio. Sguardi sul Novecento, EOS Editrice, Angera 2001
M. L. Oioli (a cura di), Invorio Invò. Un passato... presente. Centro storico e Beni culturali, Comune di Invorio, Invorio 2001

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