Non so se la cura funziona. Per quanto Roma sia uno scrigno di bellezze, il mio sguardo si ferma su altro, il lato B della città. E le emozioni rimbalzano.
Parto da sola, ma divido le mie giornate tra peregrinazioni solitarie e incontri con persone speciali. Guidata da loro vedo Roma attraverso un caleidoscopio di abitudini, sentimenti, racconti. Vedo la loro Roma, che mi riempie l'anima e dà forma alle strade e colore ai palazzi.
Volevo fare il pieno di bellezza - dicevo - e lasciare che gli occhi ingurgitassero i marmi, le argille, l'oro dei mosaici, le forme rigorose o barocche, le cime vaporose dei pini marittimi scossi dal Ponentino. Ma quando sono sola vedo soprattutto tanta gente proveniente da ogni parte del mondo, turisti mirmidoni e abitanti esotici. Gente con una missione nella vita quotidiana, un compito da svolgere entro sera con una buona parola al dio dei trasporti: che tutto vada bene, che tutto funzioni, che l'aria sia sufficiente là dentro, che lo spazio abbondi...
A volte scopro angoli della città di cui subito m'innamoro, luoghi carichi di storia e poesia, dove il tempo si ferma mentre tutto attorno il traffico e la fretta non danno tregua. Nuovi luoghi dell'anima da collocare nella mia mappa mentale: tornerò tra qualche anno per assicurarmi che la loro magia sia rimasta immutata.
Le città hanno su di me un effetto positivo: quel senso di libertà misto alla scoperta dell'eterno nuovo mi rende viva. Qui, invece, mi sento schiacciata: dal caldo anomalo settembrino, dall'implacabile ressa di gente, dai mezzi di trasporto spaventosi. La sera, da sola nel buio della mia stanza, mi chiedo cosa mi stia succedendo. Roma, l'Urbe, non è una vera città: è un parco giochi logorato, invaso da turisti, mendicanti e uomini in giacca e cravatta o tonache lunghe. Così tanti stranieri da formare uno strato impermeabile. Non ero pronta.
Un'amica mi dice: " Spero che Roma sia all'altezza delle tue aspettative". Rispondo: "Sono io a non essere all'altezza delle mie aspettative - troppa stanchezza, forse."
Ma in realtà la risposta è una sola: sono passati quindici anni dal nostro ultimo incontro, Roma s'è fatta più indifferente, io mi son fatta più sensibile - siamo cambiate entrambe, Roma e io.
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