venerdì 18 dicembre 2015

Diario di viaggio. Roma, l'Ara Pacis

Quarto giorno.

Di questo giorno ricordo il caldo, l'odissea tra tram, metropolitane, autobus e il girotondo di indicazioni inventate intuite sospettate, un lieve senso di fastidio, lo stupore e la bellezza.

In tram da via Prenestina alla stazione Termini: tutto bene. Dalla stazione Termini: il delirio. Impossibile prendere la metropolitana: aspetto due turni, ma la banchina si affolla in un batter d'occhio, l'aria manca e i treni sono già stracolmi di gente. Desisto e cerco un autobus. Nessuno sa darmi indicazioni precise: all'ufficio informazioni non sanno dove partono gli autobus, allo sgabbiotto degli autobus gli autisti giocano a tombola coi numeri dei loro mezzi... Lascio perdere. Proseguo a piedi verso piazza della Repubblica, scendo le scale ed entro in metropolitana. Ci riprovo e mi va bene: una fermata dopo Stazione Termini i treni sono vuoti, posso sedermi e respirare.
Arrivo a destinazione un'ora e mezzo più tardi di quanto avessi immaginato e imparo che tempo e distanze a Roma sono relativi.

L'idea è di scendere in piazza del Popolo (ne ho un ricordo bellissimo), imboccare via di Ripetta, visitare l'Ara Pacis, risalire per via del Babuino e poi... chissà?
Via di Ripetta è fresca, nonostante il caldo, e nasconde dietro a vetrine semibuie e portoni chiusi a metà dei veri tesori. Gironzolo per la galleria Mia Home Design, con i sensi vispi e l'animo soddisfatto. Proseguo lungo la strada, osservo, classifico i ricordi, ne incontro di vecchi e li paragono ai nuovi. Ecco il Mausoleo di Augusto e di fronte - be', non l'ho mai vista prima, ma non può essere che l'Ara Pacis.

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Nella mia ultima visita a Roma, un giovane archeologo si lamentava della troppa modernità del Museo dell'Ara Pacis. A Roma non c'è spazio per la contemporaneità, era il suo pensiero. Ma questo museo, nelle sue forme e nelle sue attenzioni architettoniche, è la miglior protezione che questo monumento antico potesse avere. Entro, con un po' di batticuore, e inizio la mia lunga visita. Qui il tempo si ferma, non esiste più nulla all'infuori dello stupore, dell'amore e dell'essenza della vita - la mia vita. Ascolto l'audioguida, scrivo sul mio taccuino, osservo a occhi nudi e attraverso l'obiettivo della macchina fotografica, mi siedo, passeggio, allungo la mano per accarezzare lo strato d'aria che circonda il monumento. Ricordo le ore trascorse sui libri, rivedo il colore della matita sottolineare le parole, sento la mia voce ripetere convinta, ascolto quel desiderio in fondo all'anima di poterla ammirare dal vivo.

L'emozione è così forte, che mi viene da piangere. Ho amato l'Ara Pacis fin da subito, quattordici anni fa non potevo visitarla. Ora non ne uscirei più e son così grata e felice di averla vista dopo tanti anni coi miei occhi, dal vivo - da non trovare parole adeguate per descrivere le mie emozioni.

 Di tutto quello che avviene dopo, in questa giornata calda e luminosa, non ricordo più.

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